Una bomba dipinta ricorda il sacrificio di Ronco Scrivia

L'estate del 1944 fu una delle stagioni più tragiche e sanguinose. La guerra aveva spaccato l'Italia in due, con il Nord invaso dai tedeschi e il sud dagli anglo-americani, con i primi ormai sulla difensiva su tutti i fronti. All'Est i russi riconquistavano terreno, causando la resa di nazioni alleate dell'Asse come Finlandia, Romania e Bulgaria, mentre lo sbarco in Normandia si proponeva di gettare sulla bilancia il peso enorme dell'opulenza militare americana. La strategia dei comandi Alleati diede il via alla tristemente famosa «Operazione Strangle», mirante a paralizzare le attività delle armate tedesche in Italia, dal Brennero sino alla linea del fronte, che si stava rapidamente muovendo verso gli appennini tosco-emiliani. L'operazione prevedeva di distruggere - per mezzo di bombardieri e caccia-bombardieri - ogni ponte, linea ferroviaria, snodo stradale del territorio della Rsi, non trascurando di colpire anche città e paesi, questi ultimi spesso privi di obiettivi squisitamente militari.
Uno dei centri individuati dagli strateghi di «Strangle» fu Ronco Scrivia, importante crocevia del traffico tra Liguria e bacino padano, attraversato dalle linee ferroviarie Genova-Alessandria e Genova-Milano, nonché dalla Strada Statale n. 35 dei Giovi e da una delle prime autostrade italiane, la «Camionale». Inoltre a Ronco erano presenti anche alcune industrie di rilievo, interessate alla produzione per i tedeschi. C’erano poi totale assenza di difesa controaera da terra, scarse probabilità di incontrare apparecchi da caccia avversari nel cielo, la presenza in loco di cittadini sfollati da altre località, dalle riviere e dalla stessa Genova. Si trattava quasi sempre di anziani, donne, bambini che si erano trasferiti nell'entroterra, sia perché rimasti privi di un tetto, sia a titolo precauzionale, poiché si riteneva che l'appennino potesse consentire qualche beneficio alimentare in più.
Furono queste, più che i ponti e i binari di Ronco, le indifese vittime delle bombe sganciate con larghezza dagli aerei stellati. Perché anche la morte di tanti innocenti costituisce, nell'aberrante calcolo di una guerra, l'arma più demoralizzante e convincente di tutte per battere il nemico.
Il primo atto della tragedia si compì tra le 18,30 e le 19 del 7 luglio. Trentasei aerei lasciarono andare il loro carico, spargendo morte e distruzione su tutto il paese. Ventuno i morti e cinquantatre i feriti, estratti dalle macerie. Devastato il paese, le linee ferroviarie, la Camionale. I soccorsi si attivarono immediatamente. Il Servizio rastrellamento bombe della Prefettura di Genova riuscì persino a disattivare due grosse bombe inesplose. Si distinsero due militari genovesi: Ottavio Ferrando e Giovanni Reparati. Ma va detto che anche i tedeschi si diedero da fare, trasportando i feriti sulle loro camionette. Scorrere l'elenco delle vittime suscita solo orrore: bimbi di otto, dieci anni, anziani, ragazze, una suora settantenne, intere famiglie come quelle dei Fabbri e dei Repetto. Da allora, da quel maledetto 7 luglio, le incursioni si susseguirono nel tempo fino alle ultime giornate di guerra, per un totale di 27 attacchi che causarono in tutto 38 morti e 116 feriti tra la popolazione civile.
Gli aerei americani distrussero la chiesa parrocchiale, il cimitero, le scuole, lo «Stabilimento Meccanico Asborno», la ex-conceria «Giuseppe Balbi», la stazione ferroviaria, le linee elettriche, vari ponti, strade e gallerie, vetture ferroviarie, oltre a decine di abitazioni. Mentre i tedeschi, per mezzo dell'infaticabile «Organizzazione Todt», riparavano sommariamente i danni così da consentire il passaggio di treni e camion, gli apparecchi nemici demolivano nuovamente il lavoro di riparazione. Si ha notizia, infatti, della morte di diversi operai polacchi, mano d'opera reclutata dalla Germania per lavori nelle retrovie, oltre a militari della Wehrmacht, ferrovieri italiani, militari della Rsi, tutti accomunati da un unico destino. Gli aerei americani giunsero ad abbassarsi per mitragliare treni, camion, singole automobili. In uno di questi attacchi, uno degli ultimi, il 18 marzo 1945, cacciabombardieri mitragliavano un camion che procedeva in direzione di Genova. Rimaneva colpito a morte un minatore genovese, Ugo Pesce del «32° Battaglione Lavoratori» della Rsi. Il Commissario prefettizio di Ronco, Ciro Cicchetti, nella comunicazione inviata alle autorità genovesi, precisava che il Pesce, dell'età di 25 anni, proveniva da Bolzano. Nell'attacco restavano feriti anche quattro militari tedeschi e un civile.
L'«Operazione Strangle» ottenne certamente grossi risultati. Le comunicazioni tra Liguria a val Padana furono spesso interrotte o perlomeno rese difficoltose. Ai danni causati dai bombardamenti aerei, si aggiungano pure le azioni dei partigiani contro il traffico stradale, che nella zona furono molte e causarono ulteriori disagi e vittime, sia militari che civili. Di questa pagina tragica della storia di Ronco Scrivia cosa resta? Restano alcuni libri di memorie e una Medaglia di bronzo al Valore Civile concessa al Comune nel 1996. Restano le lapidi con i nomi dei poveri Caduti. Restano anche due bombe americane conservate nella cittadina ricostruita e pacifica.

Una di queste, dipinta con vernice verde militare e trasformata in monumento, osserva oggi passare i treni lungo un binario della stazione ferroviaria, senza sapere che il suo monito rimane, purtroppo, sconosciuto ai più.

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