da Roma
Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, lei è l’unico sindacalista che si è sempre schierato contro la cessione di Alitalia ad Air France. Si sente sconfitto?
«Sarebbe stata una sconfitta se ci fosse stato un confronto. Ma visto che il governo ha tenuto all’oscuro noi, le forze politiche e persino il Consiglio dei ministri, non la considero una sconfitta. Non c’è stata partita. E poi adesso se ne sono accorti tutti delle anomalie di questa operazione».
Quindi pollice verso?
«Dal governo c’è stato un comportamento inqualificabile ed equivoco e questa è destinata ad aggiungersi alla lista delle tante privatizzazioni opache realizzate in questo Paese».
Quali sono le anomalie?
«Basti pensare al deprezzamento delle azioni, a partire dalla gestione Cimoli; i silenzi degli ultimi tre mesi. Fino ad arrivare a oggi, con Air France che prende azioni di valore notevolmente inferiore e concede all’Italia una presenza misera nel consiglio di amministrazione della holding, un solo posto».
Però i francesi prendono un’azienda che è ormai a terra...
«Prende tutta la polpa, le infrastrutture, le tratte e lascia quello che non gli conviene alle partecipazioni statali italiane».
Adesso però tocca a voi.
«Il governo ci ha consegnati nudi a questa trattativa. Sulla base di cosa dovremmo dare il nostro benestare alla cessione se non sappiamo i termini dello scambio e della cessione? Io spero che il governo in carica abbia un sussulto di serietà e responsabilità e ci spieghi come stanno veramente le cose. Perché ne abbiamo bisogno prima di cominciare una penosa discussione con l’azienda sull’occupazione».
Si parla di 1.600 esuberi. Sono troppi?
«Uno dei motivi per cui il governo disse che avrebbe scelto Air France era il fatto che gli esuberi annunciati erano più mitigati. Non mi sembra stia andando così. Vedremo al tavolo. Non avremo pregiudizi e faremo tutto nell’interesse dei lavoratori e del Paese. Io spero che il governo italiano abbia chiesto le stesse garanzie che l’esecutivo olandese pretese per Klm: il livello occupazionale, l’investimento in loco dei profitti realizzati qui. Stando a quello che sappiamo non mi pare che l’Italia sia stata altrettanto attenta agli interessi nazionali».
Lei non ha mai nascosto di preferire potenziali acquirenti italiani. Ancora di questa opinione?
«Non capisco perché Francia, Inghilterra e Germania facciano di tutto per avere una compagnia di bandiera e noi no. Siamo gli unici a sottrarsi a questa regola».
In questi mesi gli altri due sindacati confederali, Cgil e Uil, sono stati più disponibili di voi verso Air France, oggi invece si dicono preoccupati per la decisione del cda di Alitalia.
«Ho visto anche io che sindacati e forze politiche che prima erano baldanzosi e sicuri adesso si mostrano molto più cauti. Questo perché si sta sciogliendo la neve e si cominciano a vedere i buchi. Cresce la paura che alla fine qualcuno presenti il conto ai tanti che hanno applaudito a questa operazione».
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