Btp Italia, raccolti 8,79 miliardi grazie ai piccoli risparmiatori

La ventesima emissione del titolo indicizzato all’inflazione chiude con un controvalore inferiore rispetto alla scorsa edizione. Forte presenza del retail, che ha sottoscritto il 65% nella prima fase

Btp Italia, raccolti 8,79 miliardi grazie ai piccoli risparmiatori
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Si è chiusa con una raccolta complessiva di 8,79 miliardi di euro la ventesima edizione del Btp Italia, il titolo di Stato indicizzato all’inflazione rivolto sia a piccoli risparmiatori sia a investitori istituzionali. Il dato finale è inferiore rispetto ai 9,92 miliardi ottenuti nell’edizione di marzo 2023, ma il ministero dell’Economia e delle Finanze sottolinea la significativa partecipazione degli investitori individuali, che nella prima fase del collocamento hanno rappresentato il 65% del totale, contro il 35% del private banking.

Il collocamento si è svolto in due fasi: la prima, dedicata al pubblico retail, si è tenuta dal 27 al 29 maggio, mentre la seconda, riservata agli investitori istituzionali, è durata appena due ore nella mattinata di oggi.

Nella fase retail sono stati conclusi 190.125 contratti per un controvalore di 6,53 miliardi di euro. Il taglio medio degli investimenti si è attestato attorno ai 34.000 euro, ma oltre il 62% dei contratti è stato inferiore ai 20.000 euro. Se si considerano anche quelli fino a 50.000 euro, si supera l’88% del totale. Quasi equa la modalità di sottoscrizione: il 51% ha investito tramite filiali bancarie o uffici postali, mentre il 49% ha utilizzato l’home banking.

La seconda fase ha portato 2,26 miliardi di euro grazie a 192 contratti, con la quasi totalità della domanda accolta. Le banche hanno sottoscritto il 59,7% dell’ammontare, seguite dagli asset manager (10,7%), dalle istituzioni governative (12,3%) e dagli hedge fund (9,8%). La componente domestica ha rappresentato il 65,4%, con il restante 34,6% proveniente da investitori europei, in particolare da Regno Unito, paesi scandinavi, Germania, Svizzera e Spagna.

Il Btp Italia ha una durata di sette anni, con godimento fissato al 4 giugno 2025 e scadenza il 4 maggio 2032. Il tasso cedolare annuo reale definitivo è pari all’1,85%, corrisposto in due cedole semestrali. L’indicizzazione è basata sull’indice Foi dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi. Da un lato, i rendimenti offerti dallo Stato si sono ridotti, dall’altro ciò segnala un miglioramento delle condizioni macroeconomiche e finanziarie del Paese. L’inflazione, ad esempio, è in discesa: a maggio si è fermata all’1,7%, rispetto all’1,9% di aprile. Anche i tassi d’interesse sono in calo: l’Euribor è sceso sotto il 2%, in netta discesa rispetto al 3,8% di un anno fa. Ne beneficia anche il mercato dei mutui, dove il variabile torna a essere competitivo rispetto al fisso, con risparmi medi annui attorno ai 600 euro su un prestito da 100.000 euro a 30 anni.

Sul piano finanziario, le recenti promozioni delle agenzie di rating – tra cui l’upgrade di Standard & Poor’s e il miglioramento dell’outlook da parte di Moody’s – hanno rafforzato la percezione di affidabilità del debito italiano. Questo consente al Tesoro di collocare titoli a condizioni più favorevoli, risparmiando sul costo del debito e riducendo il rischio percepito dagli investitori.

In sintesi, se da un lato i piccoli risparmiatori ottengono oggi un rendimento più contenuto, dall’altro lo scenario complessivo è più solido: il potere d’acquisto è in miglioramento, il debito pubblico è percepito come meno rischioso e il governo ha maggiori margini per

politiche fiscali espansive. Un equilibrio che, fino a un anno fa, sembrava tutt’altro che scontato. Resta, comunque, immutato l’interesse per uno strumento che continua a rappresentare una forma di protezione dall’inflazione.

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