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L'oro supera 4.500 dollari. Argento nuova superstar

A spingere le quotazioni sono il fattore Venezuela e l'industria dei pannelli fotovoltaici. Vola il platino

L'oro supera 4.500 dollari. Argento nuova superstar
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L'escalation di tensioni geopolitiche infiamma di nuovo il già incandescente 2025 dei metalli preziosi. Ad accendere ulteriormente i riflettori su oro&c come bene rifugio ci sono le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela. Donald Trump ha rincarato la sua retorica contro Caracas e il presidente Nicolas Maduro, mettendo in guardia da una potenziale offensiva navale. I futures sull'oro con scadenza febbraio 2026 si sono spinti ieri per la prima volta sopra 4.500 dollari l'oncia, portando la crescita da inizio anno a oltre i 70%; bilancio ancora più lusinghiero quello dell'argento, balzato sopra quota 70 dollari e che ha più che raddoppiato (+140% circa) il proprio valore quest'anno sotto la spinta anche dalla domanda industriale, con la richiesta di metallo nobile per pannelli fotovoltaici ancora elevata, mentre i mercati puntano su uno scenario di deficit domanda/offerta anche per i prossimi anni. Entrambi i due metalli preziosi si avviano a chiudere l'anno registrando il loro più grande guadagno dal lontano 1979. Va detto che il rally è stato corale, con anche platino e palladio in spolvero a loro volta con rialzi a tre cifre. Una cavalcata che si è progressivamente accentuata nel corso dell'anno di pari passo con il rafforzarsi delle prospettive di ulteriori tagli dei tassi negli Stati Uniti dopo i tre consecutivi da settembre in avanti. Per il 2026 i riflettori sono rivolti in particolare alla scelta del futuro presidente della Fed che prenderà il poso di Jerome Powell, il cui mandato termina a maggio. Le aspettative sono che Trump scelga un esponente pronto a portare avanti una politica monetaria aggressiva nel tagliare i tassi.

Il rally di ieri dell'oro è stato solo in parte intaccato dal segnale di forza dall'economia statunitense e che ha in parte smorzato le attese per futuri tagli dei tassi. Il Pil a stelle e strisce ha segnato un balzo sorprendente del 4,3% annualizzato nel terzo trimestre, ritmo migliore degli ultimi due anni. Un fattore decisivo per l'oro sarà proprio la traiettoria dell'economia Usa. «Se l'economia statunitense scivolerà in recessione o la narrazione dell'eccezionalismo statunitense riprenderà piede sarà fondamentale per definire l'intervallo di rialzo dell'oro», rimarca Dilin Wu, strategist di Pepperstone. Gli esperti concordano nel ritenere che il trend rialzista possa trovare anche nel 2026 un punto d'appoggio importante sugli acquisti da parte delle banche centrali, che già nel 2025 hanno costituito la spina dorsale con una domanda prevista per l'intero anno superiore a 1.200 tonnellate. Goldman Sachs vede un orientamento di fondo dell'oro «strutturalmente rialzista» con un prezzo obiettivo di 4.900 dollari entro il 2026. Nel breve più di un analista invita a fare attenzione alle fluttuazioni di prezzo per un asset che mantiene comunque una certa volatilità, come dimostrato dalla correzione di ottobre. «Chiaramente, dopo un rally così forteoni è possibile che arrivino prese di profitto e correzioni anche significative, potenzialmente anche senza intaccare il trend di fondo, ancora rialzista», spiega al Giornale Carlo Alberto De Casa, analista di Swissquote, che ricorda come per gli investitori europei va anche considerato l'effetto valuta e quindi alle performance di questo 2025 di oro e argento va tolto circa il 15% a seguito della forte svalutazione del dollaro. Sulla stessa lunghezza d'onda Mike McGlone, esperto di metalli preziosi presso Bloomberg Intelligence che si aspetta forti oscillazioni, anche al ribasso. «L'oro può facilmente raggiungere 5.000 dollari. Ma può anche arrivare al ribasso a 3.500 dollari. È un intervallo ampio ma normale quando si è reduce da un rally così ampio».

A dare sprint all'oro in questo 2025, oltre alla forte domanda delle banche centrali, ci hanno pensato gli investitori retail attraverso gli Etf. Il World Gold Council ritiene che una maggiore spesa fiscale, la domanda delle banche centrali e tassi più bassi potrebbero far salire i prezzi di un altro 5%-15% nel 2026.

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