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Il motore America rischia di grippare

Rallenta la crescita del Pil (+2,1%), consumi deboli e il petrolio tocca quota 97 dollari

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La crescita del 2,1% dell'economia americana nel secondo trimestre, confermata ieri dal Bureau of Economic Analysis (Bea) nella lettura finale, è un po' come quelle foto ritoccate con Photoshop dove con due tocchi di mouse spariscono le rughe. È il ritratto taroccato con cui sostenere le magnifiche sorti e progressive della Bideneconomics e giustificare l'orientamento restrittivo della Federal Reserve. In realtà, basta alzare appena lo zerbino a stelle e strisce per rendersi conto della polvere che sta sotto. O, meglio, della sabbia che rischia di far presto grippare il motore Usa.

Quella sabbia sono i consumi personali cresciuti di un modestissimo 0,8%, l'80% in meno rispetto al primo quarto dell'anno. Le spese, da cui dipende il 70% del Pil, si stanno quindi prosciugando per effetto di un Paese impoverito e impaurito, costretto a tirare la cinghia poiché stretto tra l'incudine di un'inflazione che pesa sulle famiglie e il martello della Fed. Dopo aver fatto salire i tassi 12 volte in un anno e mezzo, l'istituto guidato da Jerome Powell è pronto a incasellare in novembre un'ulteriore stretta. E anche una volta messo piede nel 2024, non è detto che la girandola di rialzi sia finita: a dar retta al capo di JpMorgan, Jamie Dimon, c'è la possibilità che dall'attuale forchetta compresa fra il 5,25% e il 5,50% il costo del denaro balzi al 7 per cento. Quel 2,1% di espansione, strappata solo grazie alle revisioni al rialzo degli investimenti delle imprese, delle esportazioni e delle scorte, è quindi destinato ad accartocciarsi fra luglio e settembre come una lattina, con un andamento del Pil che dovrebbe indicare i primi, conclamati segni di stagnazione.

Se fino a giugno la propensione alla spesa puntava verso il basso, ora la situazione si sta degradando. E il settore immobiliare ne è la spia più evidente, con le vendite di case esistenti ai minimi dal 2010 e il numero di compromessi crollato in agosto del 7,1%. Mutui troppo onerosi stanno insomma sgretolando la voglia di mattone e il mattone stesso. A rendere probabile un Pil da morta gora sono anche alcune variabili da non trascurare. La prima è che se gli Stati Uniti subiranno uno «shutdown», evento da non escludere visto le posizioni inconciliabili fra democratici e repubblicani, per ogni settimana di durata di stop delle attività governative «non essenziali» la crescita trimestrale si contrarrà di uno 0,2%. Per ogni sette giorni di sciopero dell'industria automobilistica, il Pil subirà inoltre una limatura fino allo 0,10%, mentre la ripresa dei pagamenti dei prestiti studenteschi sottrarrà uno 0,5%. Se ciò non bastasse, il capo economista di JPMorgan, Michael Feroli, mette il dito sulla piaga: «Una nuvola scura che incombe sulle prospettive economiche degli Stati Uniti per tutto l'anno è stata la performance molto debole del reddito interno lordo reale, che si è contratto dello 0,5% negli ultimi quattro trimestri».

Altre ombre minacciose arrivano dal versante energetico. Il petrolio continua infatti ad alimentare le tensioni inflazionistiche, con il Wti che ieri ha superato brevemente la soglia dei 95 dollari al barile e col Brent oltre quota 97. Se questo movimento ascensionale non si interromperà, l'America è destinata alla stagflazione. E con essa, buona parte del globo.

La Bce, che stima una crescita dello 0,7% quest'anno e dell'1% nel '24, continua a vivere su un altro pianeta.

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