Pochi artisti meglio di Jeroen Anthoniszoon Van Aken, a noi più noto come Hieronymus Bosch, hanno dato immagine allinconscio individuale e collettivo prima che Sigmund Freud proponesse per essi una definizione scientifica. In un momento artistico dominato non solo in Italia dallistanza classicista, ormai nella certezza di aver recuperato quella conciliazione con la natura su cui si era imperniata la condizione ideale e sentimentale della cultura greco-romana, e con essa di aver superato la contrapposizione storica fra cristianesimo e paganesimo, Bosch riconduce larte occidentale alla sua tradizione più autenticamente cristiana e europea, quella medievale, rinunciando alla conciliazione e riproponendo la necessità del confronto con tutto ciò che possa essere considerato anti-natura, ovvero con il Male.
Ciò che nelle opere di Leonardo, di Raffaello o del primo Michelangelo è proiezione del reale in una dimensione di perfezione assoluta, in Bosch diventa proiezione nel volutamente imperfetto, nel deforme e mostruoso che abita regolarmente nelle nostre anime e che può riemergere in superficie da un momento allaltro. A differenza della maggioranza dei suoi colleghi, Bosch manifesta un profondo scetticismo sul destino delluomo moderno: larte non può essere uno strumento con cui fingere la serenità interiore in unepoca di guerre continue, di lutti, di immoralità insopportabili, di imminenti, inevitabili, drammatiche divisioni religiose. Più ancora che anti-classico, Bosch va considerato un anti-mediterraneo: riconosce allEuropa unidentità culturale essenzialmente nordica, figlia delle civiltà post-barbariche, rispetto alla quale il ripristino del primato del Mediterraneo, sostenuto dallUmanesimo e dal Rinascimento, andrebbe considerato una perdita di direzione.
È innegabile, però, che in Bosch lo scetticismo sulla natura delluomo finisca per assumere un carattere metastorico: luomo ha sempre convissuto con il Male, è istintivamente portato a essere schiavo dei sensi, a mirare solo alla soddisfazione dei piaceri terreni, dunque a peccare, a essere pagano. Dio, un Dio cristiano e medievale, distaccato dalla natura che è una prova della sua perfezione, ma anche una forma di istigazione continua al peccato, è lunica possibilità di una palingenesi non moralistica, ma certamente morale. Bosch, che crede cristianamente alla Redenzione, ritiene allo stesso modo che larte debba svolgere un compito supremo, il più alto di tutti: risvegliare la componente spirituale delluomo, in modo che possa emanciparsi dallinganno delle passioni caduche, dai falsi miti intellettuali, e rivolgersi verso la sola verità di Dio.
La rappresentazione oggettiva della natura, secondo il principio classico della mimèsis, sarebbe insufficiente a svolgere questo compito: larte non deve rasserenare, al contrario deve inquietare, suscitare agitazione interiore, ridestare le nostre paure recondite per il dolore e la dannazione. Ecco perché Bosch sostiene che larte debba essere il campo del visionarismo e del simbolismo senza limiti, in una maniera così sistematica da non trovare riscontri nei suoi contemporanei né in coloro che lo precedettero; se in un certo senso anticipa le tendenze successive del Manierismo, dallaltra le scavalca, non compiacendosi mai del culto post-classico dellarte fine a se stessa, concependo semmai un vero e proprio Surrealismo ante litteram, a conferma dellassoluta anomalia della sua personalità. Se Bosch ritiene che larte debba essere necessariamente visione fantastica, è perché in religione lo è il Male, ma anche il Bene: credo quia absurdum, diceva Tertulliano; per salvarsi luomo di fede non può che affidarsi allimmaginazione, a qualcosa di non percepibile con i sensi ordinari.
Con tutto ciò, non potremmo non vedere larte di Bosch come perfettamente complementare a quella dispirazione classica, laltra faccia spirituale, quella più apertamente critica, quella negata, per certi versi anche quella più anti-moderna, di un mondo che si sforzava di apparire felice e che non si accorgeva di essere in prossimità del baratro.
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