Boselli: «Ripresa oltre le previsioni»

Boselli: «Ripresa oltre le previsioni»

da Milano

«Il 2006 è stato l’anno della svolta, e anche il 2007 sarà positivo». Un sorridente Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda, fa il punto del settore, sottolineando come l’anno appena concluso si sia rivelato migliore delle previsioni: il fatturato ha toccato quota 67,58 miliardi (più 6%) e negli ultimi mesi la crescita «è stata addirittura a doppia cifra», grazie alla tanto attesa ripresa della domanda interna.
L’effetto positivo è stato avvertito anche sulla produzione nazionale, che per la prima volta, dopo molti anni segnati dalla delocalizzazione crescente, resta stabile sui livelli dell’anno precedente. È cresciuto l’export (più 3,9%, a quota 40.575 milioni), ma anche l’import: più 12%, un incremento decisamente superiore alle previsioni. Di conseguenza, il saldo commerciale con l’estero si ferma a 15.861 milioni. «È inferiore a quanto speravamo, ma pur sempre di tutto rispetto», ha commentato Boselli, facendo notare che la Francia, la «grande rivale» nel mondo della moda e del lusso, ha invece accentuato il saldo negativo, passato da 2,5 miliardi nel 2005 a cinque miliardi nel 2006. Per i prossimi mesi, la grande incognita è rappresentata dai cambi. «Euro forte e dollaro debole fanno bene in generale, ma fanno male all’industria manifatturiera», ha detto Boselli.
Ai valori correnti, si prevede una crescita fra il 3 e il 4% per i fatturati dell’industria italiana della moda nel 2007. Ma il D-Day sarà il 31 dicembre di quest’anno quando cesserà il sistema temporaneo delle quote per i prodotti tessili a suo tempo - e faticosamente - negoziato tra il commissario europeo al Commercio Peter Mandelson e la Cina: il timore è che ritorni lo «tsunami» che due anni fa aveva sconvolto l’intero sistema tessile-abbigliamento, sommergendolo di prodotti a basso costo.

«Non credo - ha detto Boselli - e per due ragioni: la prima è che anche in Cina il costo del lavoro, almeno nelle zone più industrializzate, non è più così competitivo come in passato. Secondo motivo, l’aumento della capacità di assorbimento della produzione cinese da parte del mercato interno, che rallenta la tendenza all’export selvaggio e di conseguenza la pressione sul nostro sistema».

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