Bossi agli alleati: «Complotto? Con la Lega non ci sono rischi»

nostro inviato a Pontida (Bergamo)

Il Bossi che non ti aspetti arriva alla Pontida dei record (25 anni, 80mila presenti dichiarati, miglior risultato elettorale, maggior numero di sindaci e pubblici amministratori, successo nei punti-chiave del programma elettorale) e invita il suo popolo a non esagerare. «Se si vuole troppo si dà fastidio alla gente», dice appena salito sul palco. Perché il volere troppo significa compromessi, scambi, mentre «lo zoccolo duro della Lega non si è mai venduto, siamo quelli di sempre, non ci siamo seduti. Non siamo un movimento qualunquistico, scomponibile, divisibile. A noi non ci scompone nessuno».
Sempre battaglia, dunque, ma occhio agli obiettivi. «Le cose vanno fatte quando è il momento - sentenzia il Senatùr -. E quando non ce la facciamo con i nostri uomini dobbiamo farcela con qualcuno che è nostro amico». «Noi non abbiamo fatto la Lega per vincere le elezioni - tuona Bossi sotto il sole padano - l’abbiamo fatta per la nostra libertà. Non abbiamo mai fatto accordi di desistenza, il nostro fine è la libertà dei popoli padani. Siamo pronti a condurre fino in fondo la lotta per la nostra liberazione. Libertà, libertà: è questo il grido che terrorizza il centralismo di Roma ladrona».
A una settimana dal doppio successo elettorale di europee e amministrative, il torrido pratone di Pontida invaso dall’odore delle salamelle e dai fumi delle graticole consacra l’immagine di un popolo padano sempre più stretto attorno al suo leader. Che applaude i suoi tre ministri, in particolare Maroni («ha insegnato a tutti come si fa il ministro perché non si limita a fare le leggi ma le fa anche applicare»), e poi getta palate di cemento a consolidare l’alleanza con il Pdl. «L’accordo con Berlusconi è stato l’occasione non per avere poltrone da ministro ma per fare il federalismo. Berlusconi è un uomo di parola, ci ha dato i voti per le cose che chiedevamo e noi trattiamo bene chi ci tratta bene».
Il riferimento è ai ballottaggi di domenica prossima, per i quali tutto lo Stato maggiore leghista ha garantito tutto l’impegno possibile: e a sancire il patto siglato lunedì ad Arcore tra il Cavaliere e il Senatùr (garanzia di partecipazione in cambio del disimpegno al referendum) è salito sul palco leghista Guido Podestà, candidato alla provincia di Milano, con il fazzoletto verde al collo il quale ha giurato che «questo verde è nel mio cuore». Ma Bossi ha puntellato il governo anche a proposito del «complotto eversivo» denunciato dal premier davanti ai giovani industriali. «Finché c’è la Lega la democrazia non corre rischi - ha detto il leader del Carroccio -. Siamo una forza radicata sul territorio, la Lega è democrazia, la Lega vigila».
Sul palco i colonnelli bossiani hanno rivendicato ognuno i propri meriti. Maroni ha esaltato la fine degli sbarchi («mi spiace per chi è rimasto senza lavoro al centro di accoglienza di Lampedusa», ha ironizzato) e l’impegno senza quartiere per «garantire ai cittadini di vivere in sicurezza anche attraverso le ronde, non abbiamo paura a chiamare le cose con il loro nome». Quanto ai respingimenti, «la Spagna ne ha fatti 10mila e nessuno ha protestato, né il Vaticano né l’Onu, per i nostri 500 abbiamo avuto tutti addosso. Ma non ci fermeremo». Calderoli ha spiegato la semplificazione legislativa, Zaia la difesa del prodotto agricolo italiano e «la tolleranza zero contro le schifezze di importazione cinese». Il ministro dell’Agricoltura ha aperto un nuovo fronte, quello europeo che lui frequenta settimanalmente da un anno: «Ho parlato con Bossi del fatto che adesso, vinte le elezioni, dobbiamo chiedere più spazio nelle istituzioni europee. Non vogliamo più limitarci a fare le comparse di un grande film, cominciamo a essere protagonisti». E il Senatùr ha aggiunto: «Andiamo in Europa a prendere per le palle i funzionari che hanno in tasca i soldi e devono darli alla gente».
Da Maroni è arrivato un avvertimento per il referendum: «Attenzione a non sbagliare. Darò istruzioni precise perché nessuno nei seggi possa fare il furbo. Chi di noi farà il rappresentante di lista o lo scrutatore deve sapere che per il referendum c’è il diritto di non ritirare la scheda, che per noi padani questa volta è un dovere». Sul palco si è pure affacciato il primogenito di Bossi, Renzo, per reclamizzare la nazionale padana di calcio che dopo aver vinto l’anno scorso in Lapponia tornerà in campo tra qualche giorno in quattro stadi padani.

Spazio anche per uno spot al regista Renzo Martinelli il cui film Barbarossa uscirà a ottobre. «Tutti al cinema - ha ordinato l’Umberto - perché se nella prima settimana non va nessuno a vederlo, i produttori lo tolgono dalle sale».

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