Bossi frena: mai criticato l’Inno, parliamo di salari

RomaNessun attacco all’inno nazionale. Se mai, è tutta colpa dei «vostri giornalacci», che hanno montato un caso inesistente «per mettere a tacere» la vera battaglia, quella «sui salari territorializzati», sulla quale annuncia: «Farò il mio mestiere, andrò a trattare con i sindacati». Il giorno dopo la bocciatura di «Fratelli d’Italia», Umberto Bossi è inferocito. «Per non parlare dei salari, delle gabbie salariali, si sono inventati che la Lega è contro l’inno italiano», spiega in mattinata ai microfoni di Sky Tg24, precisando: «Io ho solo detto che ero commosso per il fatto che i padani conoscessero benissimo l’inno della Padania, “Va’ pensiero”. Da lì uno può fare della dietrologia: se cantano “Va’ pensiero” sono contro “Fratelli d’Italia”, ma non è così. I giornali d’estate non vendono e per questo fanno delle forzature». Quel che sta a cuore ai leghisti è ben altro: «Aumentare i salari e legarli al costo della vita su base territoriale». La sera, dal palco della festa leghista di Pieve Tesino, in Trentino, il Senatùr rincara la dose. Ci arriva con due ore e mezza di ritardo, perché lungo il percorso il ministro viene colto dal mal d’auto, come ha reso noto l’europarlamentare Enzo Erminio Boso, ed è costretto a fermarsi a Malè, in Val di Sole. Quando, alle 22.30, arriva, il leader del Carroccio tutto pare fuorché indebolito: «Bisogna mettere in galera i giornalisti - si sfoga -, perché hanno mentito per sporcare la Lega». Poi sdrammatizza: «Vabbè, ma noi siamo buoni e li perdoniamo». Una «forzatura», dunque. A Milano, dallo stadio di San Siro dove ha seguito Milan-Juventus nell’ambito del trofeo Luigi Berlusconi, ieri anche il premier ha lanciato messaggi rassicuranti: «Nessuna preoccupazione per la solidità della maggioranza». Bossi? «Fa delle carezze ai suoi elettori, consideriamole un messaggio d’amore. Io nutro per lui un amore fraterno».
Insomma Mameli non corre alcun pericolo. E tutti tirano un sospiro di intenso sollievo. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno addirittura intona l’inno in diretta radio, protagonista della trasmissione «Un giorno da pecora», coriste d’eccezione Valeria Marini e Wladimir Luxuria. «Ormai ci è entrato dentro», l’inno, dice Alemanno: «Ogni volta che viene suonato lo cantano tutti, dalle partite di calcio alle cerimonie. Mi è sembrata una boiata estiva questa storia di cambiare l’inno». Il ministro Gianfranco Rotondi è soddisfatto: «La precisazione di Bossi sull’inno nazionale gli fa onore, ma avevo già detto che si trattava di un’uscita in stile agostano a cui la Lega ci ha abituati». Per il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «le attività di propaganda della Lega vengono sopravvalutate». Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto dà un altolà sulla questione salariale: «Il governo non può sostituirsi alle parti sociali, che hanno recentemente raggiunto un’intesa su due livelli di contrattazione». Occorre «affidarsi all’impegno delle parti», ed è inutile strattonare il governo. Una severa bacchettata alla Lega arriva dal settimanale Famiglia Cristiana. Nel numero in edicola da domani, il settimanale dei Paolini afferma che «entrata in vigore la legge che sancisce il reato di clandestinità, l’escalation sembra non avere fine». Secondo Famiglia Cristiana, «sfruttando la leadership appannata del premier, con una classe politica acquiescente, i leghisti sembrano insaziabili. Dimenticando i veri problemi del Paese, le proposte bislacche si susseguono al ritmo di una al giorno». Quanto alla legge sulla sicurezza, aggiunge il settimanale, la norma contro le nozze miste «sembra scritta da don Rodrigo».

A spezzare una lancia a favore delle preferenze musicali leghiste ci pensa Bobo Craxi: «Anche mio padre diceva che il Nabucco era più patriottico ed efficace dell’inno di Mameli, e ai congressi Psi lo voleva sempre. Quella di Bossi, in fondo, non è la solita sciocchezza anti-italiana».

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