Cronache

«Bozano non uccise Milena Sutter, ho le prove»

Tre idee per riscrivere la storia della cronaca nera di Genova. Tre grimaldelli per scardinare la certezza che l’omicidio di Milena Sutter sia da attribuire a Lorenzo Bozano. Eccole le tre carte che si gioca la difesa dell’uomo condannato per quel delitto di 35 anni fa. Una revisione delle perizie medico-legali, dalle quali risulta oggi che l'ora della morte di Milena Sutter è diversa da quella stabilita nella sentenza d'appello che ha condannato Lorenzo Bozano, un'ora in cui il «biondino dalla Spider rossa» ha sempre dichiarato «di non essere sul luogo del delitto». Poi una consulenza «oceanografica», che dimostra come «in quella parte del Golfo di Genova ci sia una corrente continua, che porta lontano ogni corpo che lì venga buttato». E ancora l’esistenza di «un altro ragazzo biondo con la Spider rossa, pitturata poi di verde e tenuta nascosta in un determinato luogo». Sono questi i tre «assi nella manica» che l'avvocato Nino Marazzita, legale di Bozano, metterà in campo nella richiesta di revisione del processo legato alla morte di Milena Sutter, che presenterà a fine gennaio.
«Alla base della richiesta - spiega Marazzita all'agenzia Adnkronos- ci sono diversi elementi. Abbiamo fatto rivedere le perizie medico-legali sull'ora della morte, riesaminate grazie agli strumenti più sofisticati oggi a disposizione: risulta un'orario diverso da quella stabilito nella sentenza e Bozano ha sempre dichiarato di non essere sul luogo del delitto a quell'ora. C'è una consulenza oceanografica, che riprende anche ultimi studi fatti in occasione della morte della contessa Francesca Agusta Vacca: dimostrano che in quella parte del Golfo di Genova c'è una corrente continua che porta lontano ogni corpo buttato lì».
Ma c'è un'altra «traccia importante» per chiedere la revisione del processo: «Possiamo risalire ad una persona vivente, un ragazzo biondo con la Spider rossa che all'epoca faceva la corte a Milena Sutter. La chiave di volta per dire che il «biondino» esisteva eccome, ma non era Bozano. È possibile dimostrare anche l'iter di quell'auto che ancora esiste: è stata pitturata di verde, nascosta in un determinato luogo e ora è un ferro vecchio». Una possibile prova a sostegno delle tesi della difesa, qualora quest’auto fosse davvero trovata.
La notizia è di quelle che scuotono Genova, soprattutto quanti ricordano ancora quella vicenda orribile. E Marazzita lo sa bene. Anche perché del caso si occupò già all'inizio della sua carriera, quando «accompagnava» uno degli allora difensori di Bozano in primo grado, l'avvocato Giuseppe Sotgiu: «Ricordo l'ostilità dei genovesi, ci volevano quasi picchiare. Ostilità che durante il processo di secondo grado si è acuita: l'avvocato ha rinunciato per paura ed è stato nominato un difensore d'ufficio per Bozano. Il clima era pesante e sono stati compiuti passi molto grossolani, come nel caso della perizia medico-legale, per mancanza di strumenti sofisticati come quelli che oggi sono a disposizione».

Marazzita si mostra ottimista sull'esito della richiesta: «Quando ho iniziato a fare l'avvocato le revisioni dei processi si contavano a malpena sulle dita di una mano, oggi sono tante».

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