Bpm, stop di Bankitalia ai francesi di Cic 

La banca d’Oltralpe è già titolare di un prestito convertibile sul 6,5% del capitale

da Milano

I francesi di Cic puntano a salire fino al 15% nella Banca Popolare di Milano. Ma la Banca d’Italia li avrebbe «stoppati» negando loro l’autorizzazione. Secondo l’agenzia AdnKronos è questo l’ultimo sviluppo sul tavolo del risiko bancario.
La Caisse fédérale du Crédit mutuel centre Est Europe (nota come Crédit mutuel o Cic), che già detiene sotto diverse forme il 2% di Bpm, mira probabilmente a proporsi come partner di rilievo dell’istituto cooperativo milanese in vista di possibili operazioni straordinarie, alle quali ha recentemente accennato lo stesso presidente di Bpm, Roberto Mazzotta. Ma non si può neanche escludere l’intento di conquista: il Cic è considerato il quarto gruppo bancario francese ed è un istituto cooperativo al pari di Bpm. Dunque un possibile soggetto «interessato». In ogni caso, per il meccanismo del voto capitario, non è attualmente nemmeno pensabile il lancio di un’Opa ostile su una banca popolare.
Il Crédit Mutuel ha già un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione dell’istituto milanese, Jean Jacques Tamburini. E va inoltre ricordato che in occasione dell’ingresso dei francesi nel capitale della Bpm, nel 2004, l’assemblea dei soci ha deliberato l’emissione di nuove azioni per un totale vicino al 6,5% del capitale, al servizio di un prestito convertibile in scadenza nel 2009 a favore dello stesso Cic. È quindi già prevista (e inserita nello stesso statuto della banca) una crescita del gruppo francese, trattata a suo tempo. Ma evidentemente il gruppo transalpino ha provato ad accelerare i tempi e a modificare il percorso prestabilito. In ogni caso né dal quartier generale di Cic, né da Milano si sono avute ieri conferme né commenti in proposito. In Borsa il titolo della banca milanese non ha reagito bene al diktat di Draghi, cedendo l’1,5% a 13,2 euro. Pur restando vicina ai massimi raggiunti in questi ultimi giorni.
La richiesta del gruppo transalpino sarebbe stata giudicata da Draghi non suscettibile di accoglimento, in base alle norme del Testo unico bancario (articolo 30 della sezione sulle banche popolari) a tutela del carattere diffuso dell’azionariato. In tale norma si pone allo 0,5% il limite al possesso azionario da parte di un singolo soggetto. Il superamento era stato a suo tempo autorizzato a livello di gruppo Cic, ma solamente attraverso la suddivisione della quota in cinque diverse entità societarie. Ulteriori passaggi, ai sensi del Tub, non sono permessi.
Negli ambienti finanziari milanesi la richiesta avanzata dal Crédit mutuel è «una mossa abbastanza indecifrabile».

Così, per esempio, ha commentato Andrea Resti, esperto di banche e istituzioni finanziarie docente all’Università Bocconi che fa notare che il Tub è inequivocabile e che il governatore Mario Draghi non avrebbe potuto rispondere altrimenti. A meno che, l’intenzione non sia quella di riaprire, anche a livello Ue, il dossier sul voto capitario nelle popolari quotate in Borsa.

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