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"Un br muore br perché la lotta non finisce mai"

Presi i nuovi eredi delle Brigate rosse che volevano far saltare in aria il G8. Nelle telefonate tra Luigi Fallico (il capo) e Bruno Bellomonte (il sardo) i piani delle operazioni: "Colpiamo con una bomba su un aereo radiocomandato". Nelle conversazioni una vita da neo rivoluzionario

"Un br muore br
perché la lotta non finisce mai"

Roma - Da mesi stavano lavorando per preparare un attentato alla Maddalena, poi la decisione di Palazzo Chigi di trasferire il G8 a L’Aquila ha «raffreddato» gli entusiasmi eversivi del gruppo di eredi delle Br. Il 16 dicembre 2008 Luigi Fallico e Bruno Bellomonte buttano giù qualche idea su come mettere a punto il progetto.
Conversazione che il gip riporta nell’ordinanza di custodia cautelare.
F.: «L’importante è che si fa qualcosa di grosso poi la pago, non me ne frega un c... , vada come vada, il cento per cento non si può mai ottenere».
B.: «Soprattutto nelle nostre condizioni non ci arriveremo».
F.: «Secondo me ogni organizzazione dovrebbe fare un’analisi corretta e valutare attentamente la situazione, primo; secondo, eventualmente avere un programma di minima e uno di massima, quello di minima attuativo, quello di massima che abbia dei crismi per arrivare a determinate cose, però bisogna farlo... Bene o male un po’ di tecnologia ce l’abbiamo, se uniamo le intelligenze». Fallico propone di fare dei sopralluoghi: «Ci deve andare uno tranquillo, pulito, affittando una casa». Poi l’idea di ricorrere a modellini radiocomandati.
F.: «Lo stavo pensando, io ce l’ho sta fissa da un po’, i modellini...».
B.: «Anche io c’ho pensato a casa, 49 hertz possono anche arrivare a fare... uno grande a due chilometri, a due o tre chilometri il più grande». F.: «Io quella zona la conosco abbastanza bene».
Grazie alle microspie il 9 febbraio gli investigatori ascoltano il «corniciaio» mentre spiega al suo interlocutore (I.) che «un brigatista muore brigatista».
F.: «Un rivoluzionario non può riconoscersi in questo Stato e deve continuare la lotta fino a quando non muore. O sei dentro l’“arco” e riconosci questo Stato o invece dici di no “questo Stato non mi sta bene, lo voglio totalmente abbattere”».
I.: «Ma tu la tua lotta non l’hai fatta?».
F.: «Io in pensione? Io in pensione nun ce vado, ce vado quanno moro?».
I.: «Ma non hai più la forza fisica per poterlo fare, gli anni della lotta li hai fatti».
F.: «No, la lotta non finisce mai! Se sei rivoluzionario, lo sei a vita».

Dalle intercettazioni emerge che alcuni degli arrestati conoscevano bene le dinamiche interne alle Br-Pcc. Secondo il gip Caivano le parole di Fallico «dimostrano in maniera incontestabile che ha fatto parte delle Br-Pcc anche con significativo grado di introneità». L’ex esponente dell’Ucc arriva anche a contestare il modus operandi dei vecchi capi brigatisti, come Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, abituati a inserire nei loro computer ogni informazione sul movimento eversivo e portarsi dietro i documenti.

«Fallico - scrive il gip nell’ordinanza - critica questo atteggiamento, dovuto secondo lui a un errore di presunzione e afferma che di questa sua perplessità ne aveva parlato con la Lioce». Il gip è certo che il «corniciaio» e la brigatista irriducibile avessero un rapporto diretto. «Lui - si legge nel provvedimento - ha giustificato gli errori della donna precisando che si trovava in una condizione di depressione che avrebbe influito sull’abbassare la guardia». Dell’ex capa Br Fallico ricorda la «condizione di vita singola», tanto da definirla «porella».

«Una volta l’ho vista piagne», dice.

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