Bragagna, uomo solo al comando

U n uomo solo al comando: Franco Bragagna. Ha vinto più medaglie lui di tutte le Nazioni iscritte ai Giochi, estivi ed invernali. C’era l’oro, c’era lui, c’era la sua voce in Tivvù, Rai 2, voce olimpica, prima di bronzo, impersonale e fredda, poi d’argento, graffiata dalle prime vibrazioni, quindi dorata e tumultuosa, per ritornare poi al tipo lettore dell’orario ferroviario, o al ritmo flautato, da cerimonia funebre, riservato alle memorie dei Giochi che furono. A parte lo slittino di Zoeggeler, ha accompagnato tutti i nostri trionfi.
Franco Bragagna, uno, nessuno, centomila, nozioni intendo, pronto anche per le non competitive di freccette, con la tendenza a diventare il protagonista della telecronaca, parlando addirittura in terza persona, una enciclopedia fatta uomo, con tutti i limiti del tomo, che riporta ma non va oltre, da consultare in caso di dubbio al 7 verticale, stop.

Nelle eventuali critiche e censure, dolce con i forti, crudele con i deboli, perfido con Paolo Longo, «il più scarso degli staffettisti del biathlon» ripetuto fino all’esaurimento della fiamma olimpica, mentre lo stesso Longo risultava il migliore dei quattro, spietato con la Simionato, colpevole di tradimento alla causa azzurra. Totale: informato e bravo ma con la necessità di un frenatore a bordo. Potrebbe chiedere una mano a Bragagna, quello citato in terza persona.

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