Brancher: il mio destino in mano a Silvio

In viaggio con il ministro in bilico. L'esponente Pdl vola a Verona in attesa dell'incontro con il Cav per discutere delle dimissioni

Brancher: il mio destino in mano a Silvio

Il paradosso della politica italiana va in scena al gate C10. Aldo Brancher è sulle prime pagine di tutti i quotidiani; la sua nomina a ministro per l’Attuazione del federalismo è stata una secchiata di combustibile su un dibattito cronicamente infiammato e da quindici giorni sembra essere lui il cardine di tutte le rivoluzioni annunciate per l’autunno. Ma all’aeroporto di Fiumicino nessuno lo riconosce. Resta in piedi davanti all’imbarco di un volo low cost per Verona. Completo scuro, capello bianco ordinato e volto da chi ha passato un periodo nero. La colonna sonora sono le telefonate che arrivano con un ritmo da comune mortale mediamente impegnato. Nemmeno un paio di lettori di quotidiani della sinistra che, proprio quel giorno, sparano ad alzo zero sul neo ministro si accorgono che la pietra dello scandalo sarà loro compagno di viaggio per un’ora e dieci minuti.
Qualcuno alla fine lo capisce. Una signora distinta gli si avvicina lo saluta e passa direttamente al punto. Che non è la sua nomina né il destino del governo. Non vuole insultarlo né esprimergli solidarietà. Anche se a lui servirebbe e si vede. Gli espone un suo progetto di marketing culturale o comunque una cosa alla quale tiene molto. Lui ascolta molto cortesemente e a tratti sembra persino interessato. Arriva anche un uomo baffuto sulla sessantina. Sorridente, ci parla un po’, poi si mette al cellulare senza congedare Brancher e fa sapere al suo interlocutore telefonico, e anche a tutto il sistema aeroportuale capitolino visto il volume, che in quel momento è lì, proprio con lui, «con il ministro!». Brancher non fa una piega, ma chi conosce la sua vicenda non può fare a meno di notare che il suo sguardo trapassa il compagno occasionale di aeroporto per mettere a fuoco un punto lontanissimo.
Il viaggio della navetta verso l’aereo lo fa sfogliando i tre quotidiani che si è portato dietro: Il Corriere della Sera, il Giornale e Il Foglio. E quasi sembra sollevato quando, finalmente, un cronista si presenta e gli chiede di svelargli qualche dettaglio sulla fine del mondo. Disponibilissimo, ma forse sono solo buone maniere nordestine. Premette di non volere fare interviste. Ha mantenuto un profilo basso da quando la temperatura si è alzata oltre i limiti di guardia e intende continuare così, almeno fino a giovedì prossimo, quando in Parlamento si discuterà la mozione di sfiducia individuale che lo riguarda. Lì, promette, dirò tutto. Qualcosa succederà. Un segnale lo daremo. Usa il plurale perché ha sempre pensato - e in questa fase c’è da scommettere lo pensi ancora di più - che il suo destino, così come quello di tutti gli esponenti del Pdl, dipenda solo da Silvio Berlusconi. Lui lo ha capito, altri invece no e gli torna quasi il buonumore quando elenca quelli che si sono appiccicati medaglie che in realtà appartenevano al premier. Inutile approfondire per capire se quel qualcosa che deve succedere siano le dimissioni.
Il fine settimana lo passerà rimuginando sul fatto che non sembra essere servita a niente la rinuncia al legittimo impedimento visto che i giornali, nel giorno della sua partenza, davano ampio risalto alle accuse di Gianfranco Fini e Italo Bocchino che ancora si basavano sui sospetti di fuga dalla giustizia. Avrà anche tempo per chiedersi come mai sembra non servire a nulla il fatto che i suoi principali detrattori siano gli stessi che il premier considera i primi nella lista dei piantagrane. Su cosa ci sia all’origine di tutto non ha cambiato idea. E a sentirla direttamente da Brancher-compagno di viaggio, la tesi che chi si accanisce su un singolo è animato da cattiveria e odio, risulta molto più convincente rispetto a quando si legge sui giornali.
Brancher preferisce comunque parlare di cavalli e imprese. Perché se sta andando a Verona è per il suo ruolo di presidente di Grada Endurance, principale appuntamento italiano dello sport equestre basato sulla resistenza di cavalli e cavalieri. Si illumina anche per le opportunità di business che stanno arrivando insieme agli imprenditori arabi negli incontri B2B che fanno parte del contorno della gara. O quando sente che un altro passeggero sta andando alla Maratona dles Dolomites, che è invece la principale gara ciclistica che si tiene sui Monti pallidi. «Sa, io sono di Belluno. Sono di quelle parti».
L´aereo parte, ma ci sono pochissimi passeggeri.

«Per un errore - annuncia l´hostess - il programma delle prenotazioni ha assegnato solo dei posti in testa; se almeno quattro passeggeri non sono disposti a spostarsi in coda non possiamo partire». Cinque volontari si alzano, ma non Brancher. Non si convince nemmeno dietro la promessa di un caffè gratis (nei voli a basso costo si paga). Almeno sulla poltroncina dell’aereo vuole essere lui a decidere.

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