Brasile, non solo Battisti "Lollo è a Roma", è giallo sul boia di Primavalle

Sparito da Rio l’ex di Potere operaio latitante dopo il rogo in cui morirono nel ’73 i figli di un dirigente missino. Per i vicini di casa è tornato in Italia

Brasile, non solo Battisti 
"Lollo è a Roma", è giallo 
sul boia di Primavalle

nostro inviato a Rio de Janeiro

Giuseppe De Capite, l’alias Achille Lollo ai tempi della clandestinità carioca e della rivista Punto Rosso, ha lasciato la sua seconda patria ed è tornato a Roma, il luogo del delitto dei fratelli Mattei, Virgilio e Stefano di cinque anni, da lui personalmente bruciati vivi il 16 aprile 1973 al quartiere Primavalle. «L’appartamento è chiuso, la casa vuota. Il signor Achille è andato in Italia» confessa il portiere dell’edificio Olga al 32 di rua Desembargador Isidro, alle spalle dello stadio Maracanà, dove il picchiatore di Potere Operaio ha svernato per decenni ottenendo in premio dal governo il nulla osta dell’impunità. «L’abbiamo visto andare via tre mesi fa», s’intromette un inquilino curioso. «È vero, credo sia partito per farsi curare, aveva problemi al cuore, ora vive in un paesino vicino Roma» conferma un vecchio amico che frequenta l’allegra brigata dei latitanti diventati prescritti per le connivenze coi politici e la benevolenza dei giudici della Suprema Corte.
Se non si sono messi tutti d’accordo per depistare il Giornale sulle tracce dei latitanti rossi, la notizia è di quelle destinate a fare rumore tra i parenti delle vittime che per anni hanno chiesto a Lollo di venire in Italia a pagare il conto alla giustizia. E in Italia, Lollo forse c’è tornato definitivamente. Con la fedina penale (ri)pulita. Proprio così. Della condanna a diciotto anni di carcere l’assassino «colposo» dei figli del segretario missino della borgata romana, non ha scontato niente. Se si eccettua il breve transito nelle prigioni brasiliane nel lontano 1993, l’uomo da sempre se la gode sotto al sole di Rio pubblicando e scrivendo riviste illeggibili. Dapprima come editore del trimestrale Nacao Brasil. Poi della rivista Conjuntura Internacional. Quindi del magazine Critica Social, 60 pagine indigeribili. Non contento il katanga sperimenta una sorta di rassegna stampa quotidiana distribuita dalla sua EcoNews e nel tempo libero fa lo speaker nella radio indipendente Boca Livre intrattenendo gli ascoltatori su temi assai poco avvincenti di politica internazionale. Già che c’è realizza documentari dal contenuto progressista (su tutti il film I brasiliani a Cuba) senza tralasciare la passione della sua vita: la politica attiva. Flirta coi circoli bolivariani e coi partiti di sinistra brasiliani, dal Pt di Lula al P-sol e finanche col nuovo partito comunista brasiliano alla cui costruzione contribuisce intervenendo con considerazioni lessicalmente superate dalla storia. In uno slancio di sincerità Achille è riuscito a confessare la passione sfrenata per Lula: «Le mie aspirazioni politiche sono legate al PT brasiliano, di cui sono attivista e militante. Il PT è cresciuto in mezzo al popolo, nelle favelas, nelle fabbriche, nelle scuole. Questa è democrazia. Questa è una rivoluzione democratica. Non ho più legami con la politica italiana da molti anni, già dal tempo in cui vissi in Angola, dove mi legai al partito al Mpla e il mio interesse verso la politica italiana divenne solamente giornalistico», tant’è che divenne direttore del foglio marxista-leninista Jornal de Angola. Già referente della Associação para o Desenvolvimento da Imprensa Alternativa che divulga il verbo delle diverse anime comuniste brasiliane, Lollo è stato di casa al consolato fino a quando non l’hanno beccato a interessarsi insieme all’ex prima linea Luciano Pessina alla lista dell’Ulivo ribattezzata «Viva L’Italia» dall’onnipresente Arduino Monti.
Lollo il duro non ha mai dato segno di pentimenti. Al contrario. Vistosi sputtanato ha lanciato ripetuti messaggi in codice, ha accusato altri tre compagni d’aver partecipato al rogo (ne è nata un’inchiesta poi archiviata), s’è divertito a ragionare su quegli anni infami con paradossi del tipo: «I fratelli Mattei si sono bruciati da soli». Scostante, arrogante, per niente conciliante. Fotocopia sbiadita di Cesare Battisti. Espatriato inizialmente in Svezia e poi in Angola dove ha sposato l’attuale moglie brasiliana (passepartout per l’ingresso in Sudamerica) Lollo s’è sempre professato un perseguitato politico liquidando la pratica dei due cadaveri carbonizzati quasi fosse un banale incidente di percorso. Ogni qualvolta gli si rinfaccia quella tanica di benzina imbevuta d’odio antifascista, l’ex Pot Op replica stizzito. «Qui in Brasile si è arrivati finalmente ad una soluzione politica. La democrazia è cresciuta, perché il conflitto ideologico che esisteva in passato è stato spiegato. In Italia ciò non è accaduto perché esistono interessi politici che al momento sono considerati prioritari rispetto a questo.

Non ci è stata data la possibilità di spiegare gli errori che sono stati fatti».
L’ennesima ingiustizia per chi ha bruciato due cristiani e s’è ricostruito una vita in paradiso senza mai passare per l’inferno di una cella.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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