Carlo Cambi
La Turco premia Slow Food, mentre Zapatero ci frega la dieta mediterranea. E poi dicono che il Governo non si dà da fare per contenere la spesa pubblica. È di ieri la notizia che il ministro della Salute Livia Turco, quella dello spinello libero, ma che ora preoccupata per il crescere degli incidenti alcolici pensa di scrivere sulle bottiglie di vino non lo bevete perché fa male prendendo whisky per fiaschi, diessina di ferro ha firmato una convenzione con Slow Food per i «menù Doc» in ospedale. L'accordo si intitola, beffardamente, «guadagnare salute».
L'intento, spiega la ministra, è di non dare la solita minestra ai malati e di risparmiare perché il 50% del vitto servito negli ospedali viene sprecato. Nelle parole ufficiali dei «compagni» Turco e Carlin Petrini, guru di Slow Food e solo incidentalmente membro della costituente del Pd, l'accordo deve servire a «rimodellare l'organizzazione della ristorazione in ospedale sostenendo le produzioni locali di qualità per garantire una buona e corretta alimentazione al malato» magari risparmiando anche un po'. E come si fa? Si affida a Slow Food una convenzione che in tre anni farà queste seguenti pensosissime cose. Monitorerà 15 ospedali nel primo anno, nel secondo anno definirà un modello di qualità ispirato ai criteri «del buono, pulito, giusto ed economicamente sostenibile» e il terzo anno finalmente sarà partorito il menù ministeriale che dovrà essere adottato dagli ospedali. Chi si adegua alla minestra della ministra sarà premiato.
L'ospedale farà la spesa ai mercatini rionali, o forse ai presidi Slow Food, per sostenere le economie locali e trasformerà il «lungodegenti» in un'osteria, mentre per il day hospital è previsto il modello wine bar per assonanza linguistica, per recuperare anche tra le dolenti mura di un nosocomio il piacere del cibo e il gusto della convivialità. Insomma se presidente del Consiglio è Mortadella è giusto che Patch Adams diventi una salamella. Ora questa benemerita pensata, che non è dato sapere se e quanto sia a titolo oneroso per il ministero e lucroso per Slow Food, si presta a due domandine facili facili.
Perché la ministra diessina ha offerto a Slow Food del compagno di partito democratico Petrini una «corsia preferenziale» quando ha a disposizione - per fare le medesime cose - una caterva di istituti universitari che si occupano di nutrizione, di agricoltura e di psicologia? La seconda domanda: perché la ministra non legge le agenzie? Se lo facesse avrebbe scoperto che sempre in materia di salute e alimentazione il premier spagnolo Zapatero ha proposto all'Unesco di dichiarare la dieta mediterranea «Patrimonio mondiale dell'Umanità». La mossa di marketing è straordinaria: significa affermare che olio, pesce, pomodoro, verdura e frutta sono un modello culturale oltre ad essere, cosa peraltro scientificamente provata, un toccasana. La faccenda è più seria di quel che appaia, perché la Spagna è un nostro agguerrito concorrente nella produzione di olio, di ortaggi, di frutta, di vino, di pesce. Le manca la pasta che Ancel Keys, il fisiologo americano che fu il teorico di questo regime alimentare morto a cento anni dopo averne vissuti oltre quaranta a Pollica nel Salernitano, poneva alla base di questo regime alimentare, ma a copiarla ci vuole un amen.
E se la Spagna, come già ha fatto con la musica, la letteratura, la lingua, il cinema, ci soffia un altro primato culturale come la «dieta mediterranea» che significa però anche gigantesco fatturato dell'agroalimentare allora siamo proprio alla frutta.
Carlo Cambi
*Docente di Teorie e politica
del turismo università di Macerata
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