Al governo non si scherza: ogni giorno un family-day. Dopo la Gelmini, tocca a Brunetta. Stavolta il ministro tascabile ruba la scena nazionale con un annuncio personalissimo, senza provocazioni e senza paradossi: «Mi sposerò l'anno prossimo». Confermando l'indole di uomo iperattivo e iperefficiente, idee già chiare anche sul luogo, meglio detto location: «A Venezia o a Ravello. Oppure in tutti e due i posti». Magari, una cosa così: il rito civile nel municipio lagunare, che all'epoca spera sia suo, poi rito religioso e banchetto nuziale sulla costiera amalfitana. Ben definita ovviamente anche la futura sposa, la signorina Titti, arredatrice d'interni che gli ha stregato il cuore (contrariamente a quanto pensano i lavoratori del parastato, anche Brunetta ne detiene uno).
Viva gli sposi. Ogni matrimonio, per quanto sull'antico istituto gravi un perenne stato di crisi, resta comunque una lieta notizia. Se poi tocca a Brunetta, inevitabile che assuma per tanti motivi i contorni di un mezzo evento (mezzo in senso buono). Già il ministro della funzione pubblica ripiega sul privato alla bella età di sessant'anni, e questo appare di per sé clamoroso. Da un punto di vista squisitamente nuziale, Brunetta è a tutti gli effetti un superbamboccione. Mentre i suoi coetanei cominciano a portare i nipotini sulle giostre, lui assapora i fremiti del trentenne. La sorpresa diventa inevitabile, perché è pur vero che l'amore non ha età, che ormai tutto si posta in avanti (oltre ai matrimoni, anche i battesimi e i funerali), ma assistere alla capitolazione di un single impenitente proprio quando sembra sul punto di trionfare, alla soglia dei sessanta, innegabilmente crea scalpore. E tutto sommato crea anche un po' di apprensione tra i dipendenti pubblici, conoscendo il personaggio particolare: se considera i sessanta età da matrimonio, a quanti anni penserà di mandare in pensione gli uscieri?
Certo è dura tenere dietro all'andatura del ministro Duracell. Il Brunetta-show non smonta mai le tende. Effetti speciali a ciclo continuo. Se passa un giorno senza che lanci un annuncio, la gente si preoccupa: oggi Brunetta non s'è fatto vivo, ossignore non gli sarà per caso capitato qualcosa...
Sostenuto almeno fino a pochi mesi fa da sontuosi indici di gradimento, il professore sa che i suoi fan lo vogliono così. Non può permettersi di deluderli. Ogni giorno, come un bravo pescatore, li pastura. Proprio ieri il nostro Tramontano ne ha ricostruito con gustosa biografia la vita e le opere: dai primi trionfi nella guerra agli scansafatiche, fino al crescendo di fantasmagorici progetti sui giovani. Restando a questi ultimi, in sintesi, vuole buttarli fuori di casa al compimento dei 18 anni, per legge, sostenuti da un assegno stellare di 500 euro. Ovviamente, tutto per il loro bene, perché imparino a diventare uomini: altro che l'intenerito appoggio paterno di Vittorio Feltri.
Chi lo tiene, l'incontenibile Brunetta: qualunque cerchia umana che finisca per «oni» richiama il suo drastico intervento ministeriale. Prima i fannulloni, quindi i bamboccioni: adesso che fa il salto della quaglia, niente di più facile vederlo scatenato con gli scapoloni. Il saggio Tremonti, di fronte a tanta frenesia, pensa apertamente che il suo collega rompa abbastanza facendo un'altra rima. Dati i rapporti, non è ancora chiaro se il ministro dell'economia sarà nella lista degli invitati.
Comunque lo si consideri, a Brunetta non si può però ascrivere uno dei sette peccati capitali: l'accidia. Tutti devono dargliene atto: i suoi ultrà e i suoi sarcastici detrattori. Non conosce noia, paura, rinuncia. A queste, contrappone coraggio, attivismo, inventiva. Annunciando la disponibilità a fare il sindaco di Venezia, ha spiegato subito il senso: «Mi sdoppierò tra ministero e municipio per il bene della città. Sia chiaro: io stavo bene dove stavo. Mi sto complicando la vita... ».
Evidentemente, sottovaluta il terzo impegno: il matrimonio. Dividendosi per tre, si accinge a scoprire che un ministero atroce come quello della funzione pubblica e una città complicata come Venezia non sono molto più impegnativi di una moglie. Se poi fa in tempo a infilarci anche un figlio - conoscendolo, chi si sorprende -, la scoperta può rivelarsi choccante: fare il professore è difficile, fare il ministro è difficile, fare il sindaco è difficile, ma fare il padre è dannatamente più difficile.
In ogni caso, complimenti a lui.
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