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Brunetta: «Tifare Italia? Niente permessi, mettetevi in ferie»

RomaÈ il ribaltamento delle barzellette «internazionali», quelle del «c’è un italiano, un tedesco e un inglese...», che finiscono inevitabilmente con il cittadino del Belpaese che prevale facendo leva su furbizie da accattone. Un colpo durissimo a due pregiudizi, quello che vuole i lavoratori tedeschi precisi e inflessibili e l’altro, altrettanto scontato, secondo il quale dalle nostre parti si fa qualunque cosa per il pallone.
La nemesi calcistica sta in questi termini: ai tedeschi durante le partite decisive del Mondiale saranno concesse delle belle pause, mentre gli italiani resteranno al chiodo. Dal ragioniere al ministeriale, passando per il metalmeccanico e l’impiegato di un ente culturale, tutti incollati alle postazioni di lavoro, anche nel caso in cui l’orario si incrocerà con quello delle partite decisive degli azzurri. Se qualcuno vorrà seguire in diretta le sfide mondiali del Sudafrica, dovrà seguire il normale iter e prendersi le ferie.
A dare il «la» alla nouvelle vague lassista dei tedeschi è stato Dieter Hundt, presidente dell’associazione degli industriali, che ha proposto agli associati di dare la possibilità ai dipendenti di seguire le partite. Proposta accolta subito con favore dalla mega confederazione sindacale tedesca, la Dgb.
La prima reazione italiana è arrivata da Renato Brunetta. Nessuno si è stupito più di tanto quando il ministro della Pubblica amministrazione ha assicurato che, al contrario di quanto avverrà in Germania, agli statali italiani non saranno concessi permessi calcistici. «Il lavoro è lavoro, il divertimento è divertimento», ha detto, senza contraddire di una virgola il suo stile e facendosi portavoce dei tanti italiani ai quali il calcio non interessa. «Ma siamo seri... E allora se uno è amante del cricket? O delle passeggiate?».
Il solco con la Germania si è allargato quando il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha esteso il no alla pausa-azzurri anche ai dipendenti del privato: «Molti di noi sono contenti di gridare Forza Italia, ma lo si deve fare fuori dall’orario di lavoro o prendendo le ferie».
L’alleanza tra aziende e sindacati tedeschi per il tifo ai mondiali, in Italia si è riproposta al rovescio. Se in Germania tutti hanno detto sì, in Italia tutti hanno detto no. Persino Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, sindacalista notoriamente filotedesco, che dell’economia sociale di mercato ha fatto il principio guida della sua organizzazione e che, più di una volta, ha elogiato il gigante europeo per la capacità di fare andare a braccetto datori e dipendenti, ha bocciato il tifo in orario di lavoro: «Mi pare un mondo capovolto...», ha commentato alla festa della Cisl di Levico Terme.
Contro la pausa anche le associazioni dei consumatori che temono un calo del livello dei servizi durante le partite. «Tuttavia - ha precisato Carlo Rienzi presidente del Codacons - lo stesso Brunetta deve dare il buon esempio, essendo il primo a lavorare anche durante le partite della Nazionale».
A garantire il rispetto della direttiva Brunetta, nello stato ci saranno i dirigenti. Per una volta d’accordo con il ministro, il sindacato di categoria Cida. Il vicepresidente Antonio Zucaro ha assicurato che i dirigenti vigileranno. «Qualcuno magari proverà a non venire a lavorare negli uffici, negli ospedali o nelle scuole, ma noi controlleremo. Come al solito faremo la nostra parte».

Buone intenzioni facili da rispettare, almeno in queste prime giornate di Mondiale.

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