Bruni e le «mazarinettes» la «petite histoire» si ripete

Caro Granzotto, per la sua love story col presidente francese, Carla Bruni può essere detta la Castiglione del XXI secolo? In ogni modo non è un bell’esempio del successo in Francia del made in Italy?


Vuol forse insinuare, caro Nunziata, che la signora Bruni si, diciamo così, in missione a Parigi (con mammà appresso) su incarico di Romano Prodi? Per indurre, con mille moine, Nicolas Sarkozy a salvare non la Patria, ma almeno Malpensa? Ma via, quello sembra in tutto e per tutto un innamoramento, stato d’animo e condizione che secondo la buonanima dell’Avvocato - con la «a» maiuscola - è faccenda da cameriere. In quanto allo specifico made in Italy, lì siamo sempre andati forti e la signora Bruni (con mammà) non aggiunge lustro a ciò che è già lustrissimo. Sempre per rimanere nello specifico, arrivammo a piazzare su quel mercato, per nulla facile vista la concorrenza, anche un tris: le celebri «mazarinettes». Ovvero Olimpia, Ortensia e Maria Mancini, nipoti del cardinal Mazarino, Ministro Capo di Luigi XIV, detto il Re Sole. Nel cuore e nelle lenzuola del quale esse si avvicendarono, impresa mai uguagliata da altre maison e che, sempre rimanendo nello specifico, resta ascritta fra le gesta memorabili dell’italica stirpe. Altro che Bruni.
Olimpia, di suo, era anche madre del principe Eugenio di Savoia, il Gran Capitano che fece vedere i sorci verdi ai turchi e all’Islam tutto. Implicata nell’«affare di veleni» (una vicenda torbida, stregonesca, che costò il rogo alla fattucchiera Cathérine Deshayes, meglio nota come la Voisin. Storia tutta da raccontare) fu da Sua Maestà licenziata dopo anni di onorato servizio. Ortensia, maritata con un nipote di Richelieu, era invece, di suo, fra le donne più ricche e più belle del tempo. Ma anche con un caratterino che poco garbava al Re Sole, incline piuttosto agli amori tranquilli, placidi: riposanti. Pertanto non ottenne mai il titolo di régulière, che forse non cercava essendo contemporaneamente a Luigi XIV l’amante del cavaliere de Rohan, nobilissimo avventuriero, sovrintendente alle cacce reali, amante dello sfarzo e per ciò indebitato fino al collo. Finì decollato in rue Saint’Antoine, davanti alla Bastiglia. Lei, Ortensia, si consolò con Carlo II d’Inghilterra. Era una che volava alto.
L’ultima delle «mazarinettes», Maria, stette lì lì per sposarselo, il Re Sole. Sembrava fatta ma si mise di mezzo il cardinal zio («N’exageron pas, quand même!» fu la reazione di Mazarino che per Luigi aveva in mente qualcosa di più ghiotto, Maria Teresa d’Austria). Per non correre rischi in quattro e quattr’otto il cardinale maritò Ortensia col principe Lorenzo Colonna, gran Conestabile di Napoli e Vicerè d’Aragona. Ma siccome al cuor non si comanda, poco dopo mollò il marito per tornare a Parigi, dal suo Luigi.

Le andò male perché alle ragioni del cuore il Re Sole anteponeva quelle di Stato (Maria Teresa) e per togliersela di torno la fece rinchiudere in un convento laddove la sventurata scrisse un memoriale, «La verità nel suo preciso aspetto», barocchetto e strappalacrime. Dovevamo parlare di Carla Bruni ed ecco dove siamo finiti, caro Nunziata. Ma è così, quando c’è di mezzo la petite histoire, io non mi tengo.

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