
La riunione informale del Consiglio Affari Interni Ue, a Copenhagen, è uno dei primi appuntamenti del semestre danese alla presidenza del Consiglio europeo ed è l'occasione per i ministri degli Interni di affrontare il tema dell'immigrazione e, in particolar modo, quello dei rimpatri. Una linea che il premier danese Mette Frederiksen aveva già tracciato nel momento del suo insediamento, quando disse che "le persone che arrivano dall’esterno, commettono reati gravi e non rispettano il nostro modo di vivere, non hanno posto in Europa e devono essere espulse".
Il suo ministro dell'Immigrazione, Kaare Dybvad Bek, all'arrivo al meeting di Copenaghen, ha voluto ribadire che "il sistema europeo di asilo è in crisi. Abbiamo bisogno di soluzioni innovative". La forte pressione esercitata sulle frontiere orientali e meridionali necessita di soluzioni nuove per "rimpatriare le persone più velocemente. Dobbiamo trovare soluzioni innovative e nuovi accordi con i Paesi al di fuori dell'Unione Europea". Il patto Italia-Albania si muove proprio in questa direzione e nonostante sia fortemente osteggiato in Patria da opposizioni di governo e magistratura, appena fuori dai confini italiani riscuote grande interesse nei Paesi che vorrebbero replicarlo, perché considerato il miglior sistema attuale per iniziare a risolvere il problema, anche se con qualche modifica formale. Quello che Kaare Dybvad Bek sono dei veri e propri Cpr esternalizzati, che è ciò che l'Italia vorrebbero diventassero i centri in Albania. Il ministro danese ha sottolineato anche che se viene svalutato il prodotto venduto dai trafficanti, ossia l'accesso in Europa, rendendo loro impossibile arrivare, "sarà molto più difficile per loro trasferire le persone. E questo potrebbe essere fatto effettuando rimpatri rapidi, assicurando anche che le persone senza residenza legale vengano rimpatriate nel paese di origine, ma anche elaborando le richieste di asilo al di fuori dell'Unione".
In Germania, ha aggiunto il ministro Kaare Dybvad Bek, "ci sono 300.000 persone che vivono nel Paese e che sono state respinte come richiedenti asilo, e queste persone devono essere rimpatriate. I centri di accoglienza in Albania e nella proposta per il Ruanda riguardano l'elaborazione delle richieste di asilo. E penso che ci siano ottimi esempi di esternalizzazione e accordi individuali, ma ovviamente dobbiamo creare il nostro modello europeo per queste soluzioni". Proprio il ministro degli Interni tedesco, Alexander Dobrindt, al suo arrivo a Copenaghen ha ribadito il suo sostegno agli hub di rimpatrio perché, ha detto, "consideriamo questo un approccio innovativo assolutamente necessario" e "richiede la collaborazione di Paesi partner". Accordi di questo tipo, come quello italo-albanese, ha aggiunto Dobrindt, sono molto difficili da realizzare per i singoli Stati membri, "lo abbiamo già visto in diverse occasioni in passato". Tuttavia, "esiste anche la possibilità di controllare la situazione a livello europeo e quindi di avere opportunità di attuazione significativamente migliori".
Anche il ministro francese dell'Interno, Bruno Reitailleau, ha confermato di
appoggiare la soluzione: "La Francia ha blocchi costituzionali, ma non ne abbiamo per quanto riguarda i centri di rimpatrio. E sono favorevole a qualsiasi cosa che renda i rimpatri più efficaci".