«Il Daspo? Io lo avrei preso di sicuro, e anche giustamente». Nellalbo nero dei giocatori considerati cattivi, finito a pieno titolo nella lista delle squalifiche record del calcio italiano, Pasquale Bruno, ex difensore di Torino e Juventus capace di mettere paura anche a Van Basten, sorride di fronte alla proposta-provocazione del ministro dellInterno Roberto Maroni, che chiede di estendere il divieto di entrare allo stadio anche ai calciatori rissosi. Un provvedimento che Bruno vedrebbe applicato a se stesso, in quanto «bad boy» (qualcuno lo soprannominava O animale), ma che non considera affatto un rimedio contro la violenza negli stadi: «Nascondersi dietro al gesto di Radu o a quello di Totti è ridicolo - sottolinea lex giocatore - il fatto è che la legge esiste, ma non viene applicata. Per questo consiglierei al ministro Maroni di farsi un bel giro in Inghilterra o Germania, dove fenomeni come quello degli hooligans, piaga estrema del calcio mondiale, sono stati estirpati. In un solo modo: applicando le norme esistenti».
«Poi - aggiunge - pensare che siano i giocatori a istigare quello che succede sugli spalti o fuori, è un modo per prendersi in giro. Del resto in Italia la legge che viene applicata sul serio è quella contro il fumo». Bruno - che nel 1991 prese 8 giornate di stop (poi ridotte a cinque) perchè cercò di aggredire larbitro Ceccarini che lo aveva espulso per una gomitata a Casiraghi - ammette che comunque certi comportamenti in campo sono tipici del pallone made in Italy. «Io tentai di aggredire larbitro, ma questo non provocò incidenti. Noi siamo i giocatori più scorretti - continua il leccese - e io sono il peggiore di tutti. Solo qui si cerca di fregare gli arbitri, ed è stancante vedere una partita interrotta continuamente dai fischi perchè i giocatori simulano, alzano le braccia. È vero che anche i calciatori hanno la dose di responsabilità, ma non credo che se si bruciano i seggiolini in tribuna è perchè cè stata qualche scorrettezza di troppo in campo».
Il «peggio» dei giocatori lo tira fuori la «tensione», che però secondo Bruno, che ha anche sperimentato il calcio scozzese in una fase della sua carriera, è sempre riconducibile a come si vive in Italia il pallone. «Pentito di quello che ho fatto? Non saprei, magari rifarei tutto, visti gli scandali che sono venuti fuori anni dopo...».
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