Bruxelles va all’attacco: «Basta con gli speculatori»

Mettere da parte gli egoismi nazionali, a vantaggio di una solidarietà che porta benefici a tutti; in cambio, i Paesi più fragili economicamente devono procedere sulla strada delle riforme. Herman van Rompuy, presidente stabile dell’Unione europea, detta l’agenda 2011. Un anno che si preannuncia complicato, soprattutto per le incognite legate alla crisi del debito sovrano, nonostante la recessione «sia ormai alle spalle». E se la Bce non ha abbassato la guardia durante le feste natalizie, spingendo al contrario l’acceleratore sugli acquisti di titoli di Stato dei Paesi periferici, van Rompuy non fa mancare il proprio avvertimento alla speculazione: «Faremo di tutto per difendere la nostra moneta comune e prenderemo le misure che si mostreranno necessarie».
L’efficacia delle misure dipenderà in buona misura anche dalla capacità dell’Europa di parlare a una sola voce. Quest’unità di intenti è stata raggiunta a metà dicembre con l’accordo sul nuovo fondo salva-Stati che dal 2014 rimpiazzerà l’attuale meccanismo di emergenza (l’Efsf), ma soltanto dopo che i desiderata della Germania sono stati accolti, non senza qualche malumore dagli altri partner. Accusata di anti-europeismo e di muoversi in base alle convenienze dettate dalle prossime elezioni, il cancelliere Angela Merkel ha finito per far infuriare il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, a causa del patto stretto a Deuville con Nicolas Sarkozy con cui si voleva imporre ai creditori, in caso di salvataggio di uno Stato, parte delle perdite.
Sulle divergenze affiorate all’interno di Eurolandia negli ultimi mesi, la speculazione ha più volte fatto leva per mandare in tilt gli spread sui titoli di Stato dei cosidetti «Pigs» (ma anche i titoli italiani ne hanno sofferto), costringendo appunto l’Eurotower non solo a intervenire sui mercati, ma anche a rimandare l’exit strategy.
Un maggior grado di coesione sarà dunque necessario il prossimo anno. Anche per non correre il rischio di dover pagare interessi salati sulle prossime emissioni che vedranno il Portogallo collocare bond nel 2011 per complessivi 20 miliardi. Parigi e Berlino devono quindi tornare in riga, visto che - ha ricordato van Rompuy - da sole rappresentano «metà dell’economia dell’eurozona». L’asse franco-tedesco è quindi una «condizione necessaria ma non sufficiente» per fare progredire l’Europa». Che, infatti, «è andata avanti, ma questo si fa passo dopo passo», un processo in cui l’aspetto «più importante» è che si dia lo «stesso messaggio», in politica economica come estera.


Ad occuparsi di migliorare la convergenza e la coerenza in termini macroeconomici e di competitività è stata la Task force guidata dallo stesso Van Rompuy. Ora queste proposte dovranno essere trasformate in norme Ue entro il Consiglio europeo di giugno, come indicato nelle conclusioni dell’ultimo vertice Ue del 16 e 17 dicembre scorsi.

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