Il buco dell’ozono? La balla più grande degli anni Ottanta

Caro Granzotto, in clima di «eco friendly» e di «green economy» Le faccio una domanda secca: che fine ha fatto il buco nell’ozono? Lo so, per lei è una domanda difficile... ma veda se mi può accontentare.
Venzone

Il buco nell’ozono! Ricorda, caro Calderari, quanto ci ruppero le scatole? Niente a che vedere col rompimento da riscaldamento globale, ma pur sempre un tormentone di quelli coi fiocchi. Così come oggi il Male Assoluto è Co2, negli anni Ottanta la bestia nera aveva nome Cfc, il clorofluorocarburo. Gas che correva nelle serpentine dei frigoriferi e, sopra tutto, propellente nelle bombolette spray della lacca per capelli. La gente abboccò. Abboccò a una frescaccia grande come una casa e cioè che lo strato di ozono sopra i Poli potesse essere dissolto a colpi di spruzzate di lacca alle quali le donne ricorrevano per fissare le loro cotonate capigliature. Anche in quel caso i catastrofisti prefigurarono sfracelli cosmici: bombardata dai raggi ultravioletti l’umanità sarebbe andata a farsi benedire a meno che non fosse immediatamente tolto dal commercio il Cfc. E fu il Protocollo di Montreal, che possiamo considerare il babbo scemo dello scemissimo Protocollo di Kyoto. Pressati dal movimento ambientalista e da schiere di «esperti» e di «scienziati», più di novanta Paesi aderirono al bando e nel giro di poco tempo il clorofluorocarburo sparì dalla faccia della Terra, con immensa gioia dei produttori di Hcfc (idroclorofluorocarburo) e di Hfc (idrofluorocarburi), gas sostitutivi che non avrebbero fatto la bua all’ozono. Fu dopo il bando che «esperti» e «scienziati» dovettero ammettere che il buco va e viene a piacer suo e che le attività dell’uomo (meno che mai quella delle signore che si laccavano i capelli) non influivano sul fenomeno atmosferico di quella portata. Tanto rumore per nulla, dunque. O meglio, tanto rumore, un Protocollo e una barca di soldi per poi scoprire che di buco non si muore e che era meglio tenersi il Cfc perché gli idrofluorocarburi, quelli che all’ozono avrebbero fatto solo carezze, sono potenti e micidiali gas serra, gli stessi, ma guarda tu, responsabili del sedicente riscaldamento globale.
Balle, caro Calderari. Ormai è cosa provata al di là di ogni ragionevole dubbio: i profeti cataclismatici raccontano solo balle. Il professor Kevin Trenberth (quello che nelle famose mail trafugate confessava: «Non possiamo spiegare perché dal 1981 a oggi le temperature non sono aumentate») e il professor Michael Mann (quello di: «Ho usato un trucco per nascondere l'abbassamento delle temperature») sono fra i due più eminenti membri dell’onusiano Ipcc e di quel giuggiolone di Al Gore. In pratica, due dei più eminenti profeti del riscaldamento globale di origine umana, ovvero della balla delle balle. Ora è anche stato reso noto un rapporto del 1974 dove fior di scienziati - fra i quali Philip Jones, oggi direttore della Climatic Research Unit, la stessa che tarocca i dati per avvalorare la tesi del global warming - lanciavano l’allarme per il rapido e progressivo raffreddamento del pianeta. E conseguente biblica moria per congelamento di intere popolazioni. D'altronde me li ricordo i titoli dei giornali degli anni Settanta: «La Terra verso una nuova era glaciale», «I Poli in continua espansione», «I ghiacci copriranno il cinquanta per cento delle aree coltivabili» eccetera eccetera. Poi, d’un botto, gli stessi guru ambientalo-catastrofici hanno fatto dietrofront: vero niente, non i ghiacci, ma il deserto coprirà eccetera eccetera. Non di freddo, ma di caldo moriranno intere popolazioni.

E pensare, caro Calderari, che c’è tanta brava gente che crede ancora a quei buffoni.

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