Bufera «Cinzia-gate»

Lo «tsunami» chiamato Vendola in Puglia, il terremoto in Emilia. Per il Partito democratico aria di catastrofi. Il sindaco di Bologna Flavio Delbono annuncia le dimissioni travolto dal Cinzia-gate, lo scandalo dei viaggi all’estero pagati con fondi pubblici quand’era vicepresidente della Regione, fatti in compagnia dell’ex segretaria e fidanzata Cinzia Cracchi, a cui s’è aggiunto l’affaire dei bancomat messi a disposizione della donna. L’ormai ex primo cittadino si presenta a Palazzo D’Accursio e premette di aver fatto una scelta «da innocente». Motiva la decisione dicendo di avere «la coscienza a posto, tanto che il mio avvocato mi ha sconsigliato di dimettermi». E a chi gli fa notare come altri, in circostanze analoghe alla sua e cioè da indagati siano rimasti al loro posto fino alla chiusura delle indagini, Delbono si limita a rispondere: «Ognuno ha il suo stile. Non mi sono candidato per dimettermi e avrei preferito continuare, ma penso che sia la cosa giusta». Per la città delle due torri si profila lo spettro del commissariamento fino alla primavera 2011, a meno che non intervenga in fretta il governo con un decreto («Valuteremo se è possibile», ha aperto il ministro del Welfare Maurizio Sacconi).
Conta che Delbono vuole uscire dalla politica, almeno per ora. «Torno all’università, poi vedremo. Non sono in grado di fare previsioni». C’è anche una battuta finale sull’ex compagna Cinzia. «Il suo accanimento, il livore, hanno sorpreso anche me. Quello che più mi rimprovero è aver avvicinato il piano privato-personale alla mia attività pubblica». Concetto che in Procura si traduce nei reati di abuso d’ufficio, peculato e truffa aggravata. Valanga di accuse che hanno messo fine al breve regno di Delbono, durato sette mesi.
Eppure aveva tutta l’aria di essere una resistenza tenace, la sua. Solo sabato sera dopo essere stato sotto torchio dai pm per cinque ore, Delbono dichiarava con orgoglio davanti alle telecamere: «L’idea di lasciare non esiste e non mi ha mai sfiorato il cervello, neppure se dovessi essere rinviato a giudizio». E adesso l’inversione di rotta. Delbono prova a risolvere il «giallo»: «Ho agito nel segreto della mia stanza, solo con mia figlia, senza interpellare nessuno tra i vertici del partito. Proprio così: non ho sentito Bersani, non ho sentito Prodi. Errani (il governatore uscente della Regione, ndr)? Con lui mi sento sempre». Inutile scacciare l’ombra del Professore, è lo stesso Prodi ad avallare pubblicamente le dimissioni del chiacchierato sindaco: «Sono un gesto di grande sensibilità, dimostrano senso di responsabilità. Ora sarà più libero e forte di dimostrare l’estraneità ai fatti che gli sono contestati».
Parallelamente, il lavoro dei magistrati s’intensifica. Ieri mattina il pm Morena Plazzi ha sentito come persona informata dei fatti l’assessore comunale ai Servizi sociali, Luisa Lazzaroni. Quest’ultima, chiamata in causa dallo stesso sindaco assieme alla responsabile legale del Cup Manuela Gallo perché testimoni degli incontri più recenti tra lui e la compagna, avrebbe consegnato (non conoscendone il contenuto) una busta con dentro alcune migliaia di euro - forse 5mila - alla Cracchi per conto di Delbono, che voleva contribuire alle spese legali per la separazione dell’ex amante dal marito. Tutto questo subito dopo le primarie democratiche, ovvero prima dell’elezione di Delbono e che partisse l’inchiesta sulle trasferte. Gli aiuti economici, insomma, servivano a comprare il silenzio della donna? Pm a caccia di riscontri anche riguardo alle dichiarazioni della Cracchi della settimana scorsa, che se attendibili potrebbero delineare una nuova ipotesi di reato per Delbono, l’induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Il suo legale difensore, Paolo Trombetti, esclude che ci siano al momento nuove contestazioni. «A me non risulta. Ci sono stati incontri che non costituiscono illecito penale. Trattandosi della sua ex compagna, se lei chiede di incontrarlo lui ci va».
Resta la questione dei bancomat. Il primo aperto nel 2001 con un conto corrente online acceso in Farbanca che Delbono aveva dato in uso alla Cracchi, però intestato all’amico consulente del Cup Mirko Divani. La tessera partiva da 10mila euro, dati dal politico Pd a Divani come acconto per l’acquisto di una multiproprietà a Malta. L’affare saltò, ma per semplificare la restituzione dei soldi Divani avrebbe offerto il bancomat. Successivamente fu girato alla Cracchi e ancora ricaricato con 20mila euro in contanti, frutto - secondo la difesa di Delbono - di un eredità ricevuta dalla madre.

Quando questa tessera venne bloccata, il denaro sarebbe stato riversato su un nuovo bancomat, utilizzato da Delbono fino a giungo scorso ma ancora intestato al consulente. Ieri la Digos, su mandato del pm, ha acquisito nuovi documenti, e lo stesso Divani sarà sentito a breve.

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