MilanoLa sua porta la sa difendere ancora bene. Chiedere a Sculli che sabato si è visto respingere un colpo di testa a botta sicura da due metri. Ma anche quando c'è da proteggere la sua Juve fuori dal rettangolo verde, Gigi Buffon resta il numero uno dei bianconeri.
Così neanche i sussulti di un cuore granata come Piero Chiambretti lo scompongono più di tanto. Ospite del Chiambretti Night andato in onda ieri sera su Italia Uno, il portierone della Nazionale non sguarnisce quasi mai il primo palo. Calciopoli? «Ci hanno liquefatti, spappolati tre anni fa e i problemi che abbiamo ora derivano da lì». Moggi? «Carnefice, ma anche vittima. Ha pagato più di tutti, ma non è l'unico ad aver sbagliato».
Anche quando si parla del presente Super Gigi non abbandona mai la propria porta. A chi critica la difesa colabrodo della Juve risponde che «non sbaglia mai solo il portiere o la difesa» e che «mi fido della mia retroguardia». Forse qualche colpa ce l'ha pure il centrocampo e quel Poulsen che non convince. «Diamogli tempo. Anche Tiago l'anno scorso non rendeva, ma quest'anno è stato grandissimo a tratti».
Poulsen, il danese voluto da Ranieri. Perché la Juve del tecnico romano non vince a differenza di quelle del passato. «Semplice, questa non è la stessa squadra». Risponde Gigi. Forse sono cambiati pure gli arbitri. «Ci fischiano più rigori contro rispetto a qualche anno fa», ammette Buffon. Prima di correggere il tiro. «La squadra di Lippi e Capello era così forte da non concedere occasioni in area agli avversari. Comunque dopo Calciopoli la sudditanza psicologica verso le grandi è diminuita». Basta vedere cosa è successo con l'arbitro Rocchi a Marassi sabato. «Ha fischiato prima del tiro di Thiago Motta e ce ne siamo accorti tutti. Però lui mi ha detto di non averlo fatto. Chiaro che ha disturbato il mio tentativo di parata. Pazienza, cose che capitano». E il futuro? «Io non so nulla. Non mi è arrivata nessuna proposta a differenza di quanto leggo sui giornali». Si leggono cifre folli. Quasi cento milioni di euro. «Arrivai alla Juve a 23 anni per 105 miliardi. Ora dicono almeno 50-60 milioni, che è più o meno uguale, ma io non lo so».
Intanto sabato sera c'è la sfida con l'Inter. La rivale di sempre con già mezzo scudetto cucito sul petto. «Non ho niente contro di loro. Stanno meritando di vincere. Però vogliamo darci una gioia e regalare la vittoria ai tifosi. Perdere di nuovo come a San Siro mi darebbe fastidio. E poi finire secondi a 4-5 punti non è come arrivare dietro di 12 o 13 lunghezze». Nei nerazzurri torna Julio Cesar. «Fortissimo. In questo momento sta giocando sicuramente meglio di me. Ma per noi portieri, si sa, va a periodi». Pure per Manninger, il vice Buffon. «Ha fatto molto bene in questa stagione. Forse l'unico errore lo ha fatto a Roma con la Lazio. Con l'Inter all'andata è invece da assolvere».
C'è il Gigi calciatore e il Gigi uomo. Quello descritto a meraviglia nel libro scritto con Roberto Perrone. Titolo non scelto a caso: "Numero uno". Si parla di pallone, ma anche di scuola, amici, vita quotidiana. Il diploma comprato? «Forse l'unica cosa di cui mi vergogno nella mia vita. Spero di prendere quello vero una volta che avrò smesso di giocare. Di certo prima dei 40 anni».
Anche i giganti possono sentirsi a volte i piedi d'argilla. Capitò anche a Buffon, nel 2004. «Sì, sono stato depresso. Mi sentivo le gambe di burro quando mi allenavo. Ma ne sono uscito, anche grazie alle continue visite alla Pinacoteca di Torino». Pittore preferito? «Chagall.
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