Bugie su Mitrokhin: ecco il dossier sul Dossier

Magistratura, polizia e Sisde vennero tenuti all’oscuro per tre anni delle notizie di reato

Gian Marco Chiocci

da Roma

Per sapere quali e quante bugie, quali e quante omissioni, starebbero dietro alla malagestione del dossier Mitrokhin, occorre sfogliare il rapporto redatto dal magistrato Agostino Cordova, consulente della Commissione parlamentare sulle spie «italiane» del Kgb, che dall’altro ieri è all’attenzione della procura di Roma.
Le conclusioni del magistrato si rifanno a una certosina valutazione dei fatti, e dei riscontri, susseguitisi nel tempo. Cordova ricorda che due giorni prima dell’arrivo delle schede dalla Gran Bretagna (dove il transfuga archivista della Lubjanka era riparato) il direttore del Sismi, Sergio Siracusa, sostituì il direttore del Controspionaggio, colonnello Domenico Lo Faso con il colonnello Luigi Emilio Masina. Dall’aprile ’95 all’aprile ’98 nessuno mosse un dito. Neanche uno straccio di indagine serie venne avviata, ci si limitò a meri accertamenti d’archivio. «Successivamente fu impostato un embrione di attività info-operativa basata sempre su verifiche statiche ed abortita alla notizia dell’imminente pubblicazione del libro». Poca roba. Se la Prima Divisione venne «congelata» e il Sisde lasciato lontano, anche la polizia giudiziaria fu tenuta all’oscuro nonostante esistessero chiare indicazioni di reato. Come se non bastasse, deliberatamente il Sismi non volle incontrare la «fonte» di tutte queste notizie esplosive, ovvero Mitrokhin. Per tre volte respinse al mittente l’offerta di incontrarlo arrivata dagli 007 britannici adducendo motivazioni poi risultate pretestuose. Ripetutamente il direttore Siracusa ha negato la circostanza, salvo rimangiarsela precipitosamente quando un ufficiale della Prima Divisione del Sismi, Domenico Faraone, ha dimostrato ai commissari della Mitrokhin il contrario di quanto sostenuto dal suo ex direttore. Contrariamente ad altre indagini di controspionaggio («Ovation», «Rodo», «Isba», «Pravo») non venne nemmeno informato il Cesis, non furono informati i ministri della Difesa, Corcione e Scognamiglio, ed il ministro Andreatta lo fu solo dopo il 26 ottobre 1996 (a un anno e mezzo dall’arrivo dei report) «facendo apparire che ciò sarebbe avvenuto il 2 di ottobre di quell’anno». E ancora. Se il direttore del Primo Reparto fu messo da parte (Lo Faso) «venne estromesso anche il direttore dell’ufficio legale affidando ad un esterno (Lehman) su cui pendeva un procedimento penale» l’incarico di verificare la sussistenza di reati, che poi vennero effettivamente riscontrati ma non comunicati, dai vertici di Forte Braschi, alla magistratura. Si è scoperto che nessun accertamento operativo è stato fatto sui funzionari pubblici tuttora in servizio (27 alla Farnesina di cui 4 deceduti e 10 non identificati) e che tutti i personaggi politici, anche a quelli non parlamentari, «usufruirono di un’immunità dalle indagini decisa dal Sismi, contrariamente alla normativa vigente, e i relativi rapporti furono trattenuti dal Direttore del Servizio». Le schede di lavoro sui politici passarono per il tritacarte, vi furono interpolazioni nella bozza del libro riguardo al «denaro percepito da Cossutta ed al coinvolgimento di Conforto», che era il capo rete del Kgb in Italia, padre di Giuliana, nella cui abitazione vennero arrestati i brigatisti Morucci e Faranda e rinvenuto il mitra che uccise Moro. Non si è chiarito il mistero della prima bozza del manoscritto revisionata dal Sismi, nessuno ne ha chiesto conto. Così come nessuno si è interrogato del silenzio sul dossier Impedian seguito alla scoperta delle ricetrasmittenti del Kgb. I vertici politici - stando sempre alla relazione-Cordova - non fecero nulla per ovviare alle omissioni dei direttori del Sismi ed anche le loro dichiarazioni alla commissione «sono costellate da asserzioni elusive o non rispondenti alla realtà». Comportamenti a dir poco singolari, «in contrasto con i dati di fatto obiettivi e con precise e tassative disposizione normative di versioni contraddittorie nella loro successione». Vedasi quel che ad esempio dice Siracusa delle informazioni riferite nei colloqui con Prodi e Dini, informazioni in gran parte non confermate né da Prodi né da Dini. O delle smentite e delle controsmentite fra Prodi e Andreatta. Insomma, l’intera gestione politica del dossier Mitrokhin è costellata da «versioni contraddittorie, risposte evasive o fittiziamente giustificative della gestione, postumi scarichi di responsabilità, di occultamento di nomi politici, di sorvolamento su altri», dal tentativo maldestro di dimostrare d’aver fatto comunque qualcosa esibendo indagini d’archivio, inutili e ininfluenti, che non rendono onore agli uomini del Sismi.
E tutto, incalza Cordova, è accaduto in una vicenda di straordinaria importanza storica e politica dove, al dunque, si è omesso di rendere un servizio alla sicurezza nazionale poiché non si è verificato se i sistemi e gli uomini «infedeli» utilizzati dal Kgb siano ancor oggi attivi alla luce anche di quanto ha riferito in commissione l’ex generale Bartolomeo Lombardo («dopo la trasformazione nel 1991 da Kgb in Svr è fuori dubbio che anche in Italia è stata mantenuta la rete informativa»). Se si è preferito chiudere un occhio ciò dimostrerebbe la fondatezza, a detta del consulente, dell’ipotesi di una «pianificata sterilizzazione» del dossier avvenuta prima con lo stop agli accertamenti giustificato da fantomatiche raccomandazioni operative dei Servizi inglesi, poi con l’indisponibilità a parlare con Mitrokhin e con l’intensa attività (d’archivio) in atto da parte del Controspionaggio.

Anche a pubblicazione avvenuta, il Sismi trovò la scusa per restare con le mani in mano essendo diventata materia di competenza di quell’autorità giudiziaria tenuta all’oscuro per quattro anni «con l’apparente motivazione dell’insussistenza di elementi di prova» a carico dei personaggi citati nel dossier. Motivazione curiosa visto che spettava al pubblico ministero, non certo a uno 007, decidere sull’eventuale rilievo penale delle persone citate nel carteggio.
(1. Continua)

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