
Una volta disse: «Se rinasco, voglio rinascere Silvio Berlusconi»; il suo maestro, amico e modello. E invece è nato Urbano Cairo. Per il resto due vite copia- incolla: la pubblicità, l’impero economico, il sogno meta-aziendale, la squadra di calcio, i giornali, le tv e persino Enrico Mentana come il suo Emilio Fede.
Ecco. La tv. L’altro giorno Cairo, mandrogno astuto e testardo, più avaro che ricco, totale dedizione al business, poca vita mondana ma tante foto sorridenti sul suo Corriere , ha presentato i nuovi palinsesti La7. E dopo aver sciorinato la sua squadra, fra conferme e novità – dalla A di Ap v ile alla Z di Zoro, e in mezzo tutta la miglior televisione innestata dalla peggior sinisteritas : Floris, Formigli, Gruber, Panella, Parenzo, i due Teletubbies Paolo&Luca, un tg che è l’ house organ del M5S e ora persino Saviano: per Bonelli&Fratoianni nessun contratto invece, troppo moderati – a un certo punto, sottovoce, perché le cazzate si dicono sempre sottovoce, e infatti non ce ne siamo accorti subito, Urbano VII ha detto che la sua tv («libera e indipendente», Gasp! ), svolgendo una funzione da servizio pubblico, merita una parte di canone.
Bella idea.
Gliela avranno suggerita le banche creditrici.
Comunque lo capiamo Cairo.
Se non sai produrre fiction e intrattenimento ma solo talk show tutti uguali perché costano zero euro, fai bene a chiedere il canone. Il famoso canone di cittadinanza. Anche se non sappiamo quanto durerà. Vivere dentro TeleKairo è un po’ come tifare Torino. Non c’è futuro.