Quando, ventinove anni e 364 giorni fa, Ruggero Orlando salutò gli ascoltatori di Radiotre presentando il nuovo programma Prima pagina, probabilmente nemmeno lui sapeva di scrivere un pezzo di storia della radio. Certamente, non si immaginava che quel «Buongiorno a tutti gli ascoltatori di Radiotre» avrebbe avuto una portata storica per letere italiano simile a quella che, sette anni prima, aveva avuto il litigio in diretta fra lui e Tito Stagno per raccontare agli italiani lallunaggio.
Andiamo per ordine. E diamo subito i numeri. Il 15 marzo del 1976, dagli studi Rai di via del Babuino, dove allora aveva sede la radiofonia, Orlando firmò la prima di 10mila e 800 trasmissioni; curate da più di 500 giornalisti; seguite ancor oggi a distanza di trentanni, da circa 800mila ascoltatori al giorno (record ineguagliato per i programmi della terza rete); che registrano più di 35mila telefonate di persone che vogliono intervenire in diretta ogni anno, tremila delle quali vanno in onda.
Insomma, ce nè abbastanza per festeggiare. Tanto che Sergio Valzania, direttore di Radiotre e Paola De Monte, curatrice da nove anni del programma, hanno deciso di fare una festa lunga un giorno. Hanno affidato la conduzione di questa settimana a Maria Latella e hanno coinvolto per la Prima pagina di domani anche Miriam Mafai, che fu una delle prime commentatrici trentanni fa. A partire dalle 15, poi toccherà a uno speciale condotto da Marino Sinibaldi, che ricostruirà la storia di trentanni di Prima pagina, di trentanni dItalia, ma anche di trentanni di rassegne stampa. A partire dal quesito esistenziale che accompagna tutte le rassegne stampa: aiutano o no la diffusione dei giornali? Ricchissimo il parterre di ospiti che proveranno a rispondere: da Giovannino Russo, secondo conduttore della trasmissione dopo Ruggero Orlando, a Massimo Bordin, che con la sua Stampa e regime di Radio Radicale è il competitor diretto di Prima pagina.
Trentanni di Prima pagina significa anche trentanni di brandelli dItalia. Di storie e aneddoti. A partire da quello che riguarda Enzo Forcella, che della rassegna stampa quotidiana di Radiotre si può considerare il papà e la mamma. Ma Forcella, in realtà, non avrebbe mai dovuto essere il direttore della terza rete radiofonica Rai e, quindi, la storia di questi trentanni di pagine di giornali avrebbe potuto non essere mai scritta, abortire prematuramente o essere radicalmente diversa.
Vale quindi la pena di raccontare come avrebbe dovuto essere: il partito socialista italiano, negli accordi che avrebbero dovuto disegnare la nuova Rai della riforma, decise di indicare personaggi «di indubbio prestigio e professionalità», fra cui cerano Massimo Fichera, Andrea Barbato, Sergio Zavoli (il «socialista di Dio» che poi sarebbe diventato presidente della radiotelevisione di Stato) e Furio Colombo, ancora lontano dalla sua fase girotondina che avrebbe caratterizzato la sua direzione de LUnità e i suoi ardori della maturità. Ma Colombo, nelloccasione non particolarmente lungimirante, rifiutò il ruolo, visto che considerava la radio un mezzo residuale e lofferta della sua direzione quasi offensiva. Mai valutazione fu più sbagliata. Sta di fatto che gli subentrò Forcella, allora a Repubblica con Eugenio Scalfari, che invece credette moltissimo nel progetto e ci mise tutto lentusiasmo necessario. Anche di più. Tanto da fare un vero e proprio discorso di investitura ai dipendenti di Radiotre: «Sono orgoglioso di continuare a rendere un servizio culturale al Paese».
Da allora sono passati trentanni e dagli studi di Prima pagina sono passati tutti i più importanti giornalisti italiani, a partire proprio da Scalfari. E il bello è che, nonostante gli orari drammatici richiesti agli opinionisti, visto che bisogna essere in studio per leggere i giornali già alle sei di mattina, e il compenso quasi simbolico (si parlava di poche decine di migliaia di lire), cera e cè la coda per partecipare. E principi del giornalismo della carta stampata si sono fatti raccomandare pur di leggere i giornali a Radiotre. Certo, soprattutto fra gli ospiti di oggi, qualcuno è troppo politicamente orientato e trasforma la rassegna stampa in un comizio. Qualcun altro, magari bravissimo sulla carta, è drammatico in radio e trasforma Prima pagina in un insieme di suoni gutturali, un insieme di «Uh ah» simile alla colonna sonora di Bingo Bongo, come è capitato recentemente.
Nel 1976 Forcella scrisse un «appunto per i collaboratori di Prima pagina, in cui spiegava: «È consigliabile che la prima parte sia una vera e propria rassegna stampa, evitando la tentazione di trasformarla in un articolo di fondo del giornalista ospite». E ancora: «Le telefonate devono essere brevi e non devono trasformarsi in un comizio». Trentanni dopo, non cè bisogno di aggiungere una virgola.
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