La burocrazia antimafia sconfigge solo le imprese

Chi critica Brunetta non conosce la realtà delle imprese: la pubblica amministrazione è vista come un nemico

La burocrazia antimafia 
sconfigge solo le imprese

In Italia anche i certificati han­no il loro albo, la loro corpora­zione, il loro sindacato. An­che le pratiche inutili hanno il di­fensore d’ufficio. Il ministro Brunetta osa proporre l’abolizione dei certi­ficati tra privato cit­tadino e pubblica amministrazione e succede un pan­demonio. Il mini­stro propone, tra gli altri, l’abolizione del Durc (un acronimo che fa ribrezzo al solo pronun­ciarlo e riguarda i contributi) e del certificato antimafia. E giù il mon­do. Il ministro si è limitato a dire che le informazioni richieste sono già in possesso della pubblica am­ministrazione e che dunque si po­trebbe evitare di rompere le scato­le ai cittadini.

Secondo uno studio della Con­fartigianato, i soli artigiani hanno dedicato alla gestione delle prati­che amministrative 60 giornate uomo all’anno per impresa, il tutto per un costo che supera i 5mila euro per impresa. Vorremmo che un giorno solo, un benedetto giorno i nostri politici inve­ce di andar­e in Parla­mento si presentasse­ro nella bottega di un arti­giano. Non alle loro conven­tion, non ai simposi con i professo­ri della Confindustria, dove tutti si mettono la giacchetta buona.

Qualcuno di loro, una mino­ranza, conosce bene le difficoltà dei picco­li. Ma la maggior parte sono lì a Roma con i loro badge e il voto elettronico. E pensano che l’Italia giri così. E peggio dei politici so­no quei burocrati per cui le imprese, le pic­cole in particolare, sono un numeretto, una statistica, inderogabilmente sottoposti alla purezza della norma cristallina e giusta. Credono che in tutte le imprese, si giri con l’iPad e una rete wifi perfettamente funzio­nante. Ritengono di adeguare il mondo alla perfezione,all’ottimo.Non hanno la più pal­lida idea che, a differenza loro, le imprese in Italia rischiano il posto e il pane ogni giorno. E sono sporche, sudate, talvolta in ritardo, per il solo fatto che da quelle parti prima si l­a­vora e si produce e poi si spazzola. E che l’amministrazione pubblica trop­po spesso è un nemico della piccola impre­sa. Lo sanno i nostri parlamentari (Maroni compreso che si è affrettato a criticare il ta­glio dei certificati antimafia, per non parla­re della sinistra) che i costi amministrativi delle imprese (anno 2008) sono arrivati alla bellezza di 23 miliardi di euro. Machidiavo­lo credono che vada a fare la fila alle poste per pagare i bollettini (la durata in minuti della coda è cresciuta in media del 17 per cento tra il 2005 e il 2009)? Alle Asl la coda è cresciuta del 5 per cento,all’anagrafe del 10 per cento. Chi ci va a far la coda agli sportel­li? Babbo Natale? La segretaria? Il contabi­le? O il titolare stesso, che butta nel cestino tempo prezioso che potrebbe essere impie­gato in modo molto più utile. Cosa credono che sia la competitività di un Paese? Fare la fila all’anagrafe? Ma dove vivono i nostri parlamentari? A fare le pulci alla proposta di Brunetta, a contestare l’opportunità, la necessità di farlo oggi.

Semmai è troppo tar­di. La rabbia di dover compilare le carte per la pubblica amministrazione è anche supe­riore alle tasse che si debbono pagare. Lo sanno questo i nostri legislatori? Quei geni che hanno introdotto il certificato antima­fia. Uno strumento talmente ridicolo (ma non lo si può scrivere, se no si passa per ma­fiosi) in cui secondo i nostri illuminati gover­nanti non si è mafiosi solo grazie a un pezzo di carta e a un timbro. I mafiosi gli affaracci loro continueranno a farli nei modi più di­sparati. Le persone per bene ci rimetteran­no in tempo e denaro. Con il loro bel certifi­cato che dimostra che non si è mafiosi. Già che ci siamo perché non introdurre un certificato antievasori.

Più o meno con la stessaperversalogicasipotrebberoobbliga­re i nostri artigiani, commercianti, impren­ditori a ottenere detto importante docu­mento, allegando a un apposito ufficio le ul­time dichiarazioni dei redditi, foglio excel con estratti conto, fotocopia dei libretti di auto, barche, passeggini e ricevuta spese viaggi e beauty farm. Tutti documenti già in mano all’amministrazionefinanziaria. Ma volete mettere il godimento del Certificato che si potrebbe intitolare: «Io non sono un parassita». Servirebbero poche cose per dare un po’ di slancio a questo Paese. Basterebbe non rompere le scatole a chi produce.

Ma se per la sola banale e sacrosanta abolizione pro­posta da Brunetta dei certificati si crea tutto questo casino, siamo messi davvero male. Forza Brunetta. Non ascolti gli happy few del Palazzo e senta le botteghe: stanno con lei.

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