La burocrazia «dimezza» le pensioni: Inpdap presa d’assalto

ANZIANI Le buste paga sono state ridotte di un quinto per un conguaglio fiscale

La sorpresa più brutta l’ha ricevuta la signora Ornella, quando è passata in banca a fare l’estratto conto. Come ex educatrice in una scuola materna, la sua pensione normalmente è di 800 euro e invece se ne è ritrovati 450, non un centesimo di più. Anche il signor Alfonso non naviga nell’oro: su 900 euro, gliene hanno decurtati 356. La stessa sorte è toccata ad Irene, ex infermiera professionale, ad Antonietta, ex insegnante, e a Franco, ex dipendente nelle imprese di pulizie comunali. La ragione? Un conguaglio fiscale che l’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (Inpdap), ha effettuato sulle rate delle pensioni di febbraio 2009, per «determinare con esattezza la differenza tra quanto è stato prelevato nel corso del 2008 in via provvisoria e quanto invece è dovuto in base alla dichiarazioni fiscali o alle mancate dichiarazioni». Il tutto nel pieno rispetto della legge, per carità. Peccato che la comunicazione della decurtazione non sia arrivata ai diretti interessati. Risultato: un caos senza precedenti con gli sportelli dell’Inpdap presi d’assalto da centinaia di anziani inferociti. Ma andiamo con ordine.
La nuova normativa (legge n. 244 del 24 dicembre 2007) riconosce al pensionato la possibilità di usufruire delle detrazioni d’imposta per i familiari a carico solo se si dichiara ogni anno di averne diritto. In pratica, ciò che prima era automatico, adesso è diventato su richiesta. Nessuno però - a quanto pare - ha ricevuto l’avviso in cui li si avvertiva che le loro pensioni sarebbero state dimezzate con una trattenuta integrale e che per evitare forti disagi, sarebbe comunque stato garantito il pagamento minimo di 458,20 euro, come previsto dall’Inps. «Io quei moduli non li ho mai visti - dicono gli anziani -. E poi le sembra che tolgono i soldi tutti insieme? Noi siamo dei poveri cristi, come facciamo ad andare avanti con 450 euro? Almeno farlo poco per volta». C’è da dire che l’Inpdap aveva inviato ai suoi pensionati a marzo e ad ottobre 2008 due lettere in cui si spiegava che se avessero voluto continuare a godere delle agevolazioni, avrebbero dovuto mandare tutta la documentazione all’Istituto entro il 28 novembre 2008, pena la revoca delle detrazioni e il recupero del debito accumulato nel 2008 in un’unica soluzione in sede di conguaglio fiscale. «Le comunicazioni vengono spedite tramite Postel - spiega il direttore della sede Inpdap Milano 1, Luca Marcello Manganaro -, i pensionati dicono di non aver ricevuto nemmeno queste. Ma tra le loro carte c’era e forse non l’hanno capita». Non proprio, perché tra i decurtati ci sono anche quelli che hanno fatto tutto alla perfezione e hanno inviato entro i termini previsti e tramite i Caf (centri di assistenza telematica) le dichiarazioni per aver diritto agli assegni familiari.
«Pare che queste comunicazioni che viaggiano nel flusso telematico, si siano perse - ammette il direttore Manganaro -. L’Inpdap ha provveduto ad inserire i loro dati nel sistema e nella prossima rata di aprile, riceveranno quanto gli spetta». Riassumendo: nel marasma generale sono finiti i virtuosi, i negligenti che non hanno comunicato di aver diritto alle detrazioni ma che potranno recuperare il taglio con la dichiarazione dei redditi. Infine gli «ignari», per così dire, ovvero i pensionati che, pur non avendo più diritto agli assegni familiari, hanno continuato a fruirne accumulando così un debito reale. In buona fede e a loro insaputa. «Avevamo già dichiarato nel 730 di non aver più i figli a carico, da una decina d’anni ormai - dicono i coniugi Jucker -. Ma l’Inpdap non ha mai ricevuto questa comunicazione. Così abbiamo continuato a ricevere detrazioni d’imposta che non ci spettavano». Perché Agenzie delle Entrate ed enti pensionistici mica si parlano tra loro.

«Non vuol dire nulla aver comunicato lo stato di famiglia con il Cud, c’è bisogno di dichiararlo all’ente erogatore delle pensioni - conclude Manganaro -. Se ci fosse un collegamento diretto a 360° fra le dichiarazioni dei redditi e l’Istituto, non ci sarebbe stato bisogno di fare la legge». Già, troppo semplice per essere vero.

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