Il burro è un ricordo, Milano vuole stupire con la cucina dell’olio

Milano è una città che ha tutto e se qualcosa le manca se la compera. Per questo non bisogna stupirsi più di tanto se si scopre capitale della cucina all’olio di oliva, quando tutta la sua tradizione è legata al burro. Milano si muove e spesso a tavola anticipa mode, verità e tendenze ritrovandosi protagonista come accadrà domani a San Sebastian nei Paesi Baschi. Fino a giovedì si celebrerà la decima edizione del massimo congresso di cucina al mondo, Lo Mejor de la Gastronomia, all’interno del quale, tra 48 ore dieci cuochi di diverse nazioni si sfideranno per vincere il premio per il miglior piatto all’olio extra vergine di oliva, in palio diciottomila euro.
Non è facile, perché l’olio deve essere trattato come un ingrediente a tutti gli effetti e non un condimento, come in pratica sempre accade. Tre finalisti, su circa 160 ricette inviate, arrivano dall’Italia, due da Milano: con Valerio Centofanti dell’Angolo d’Abruzzo a Carsoli in Abruzzo, 0863.997429, ecco Matteo Baronetto, prezioso secondo di Carlo Cracco in via Hugo, 02.876774, e Matias Perdomo, chef Al Pont de ferr al 55 di Ripa di Porta Ticinese, 02.89406277. Se Valerio è un abruzzese in terra d’Abruzzo e Matteo un piemontese all’ombra del Duomo, Perdomo è un 28enne uruguagio approdato sui Navigli quasi per caso appena ventenne, conferma che Milano è sempre pronta a accogliere chi bussa e vuole impegnarsi. «In verità sognavo la Francia, ma qui lavorava un cuoco del mio Paese, Juan, che a furia di parlare di cucina e sapori del Mediterraneo mi convinse a scegliere questa città, da cui non sono più ripartito». Anzi, ha fatto carriera perché Maida, sommelier e grande padrona di casa, nel febbraio di due anni fa gli affidò tutto, con un imperativo: cambiare stile.
Se Centofanti domani affiderà le sue aspirazioni a una sella di coniglio cotta per tre ore e mezza a 60° nell’olio di oliva e poi affumicata con ramoscelli di olivo, Perdomo punterà su Cannelloni di olio ripieni di baccalà mentre Baronetto su una Crema bruciata all’olio di oliva alla vaniglia. Tre idee completamente diverse. Matias vuole fondere esperienze di Italia e Spagna: «Il cannellone, che faccio con una pellicola di olio, rappresenta un omaggio alla mia patria di adozione, all’Italia, che adora ogni forma di pasta, realtà così poco conosciuta e praticata dagli spagnoli. Dentro sposo due certezze come il baccalà pil pil dei baschi in versione baccalà mantecato. Tutto preceduto da un pane e olio che è l’anima della Toscana e che ha la funzione di aprire il palato».
Baronetto invece lavora partendo dalla crema bruciata catalana, stravolgendola: «Inizio con un’infusione di stecche di vaniglia, poi passo a cuocere, piano pianissimo, delle seppie in quell’olio aromatizzato. Niente farina niente uova, le proteine per legare il tutto arrivano dalla seppia. Poi frullo come per una maionese e do il tocco finale disponendovi sopra garusoli stufati (sono lumachine di mare, ndr) e germogli di pisello verde. Particolare importante, visto il periodo: olio acerbo, l’olio nuovo.

Il mio è un piatto assolutamente naturale».
E assolutamente gradevole e intrigante perché non è affatto facile ragionare scordandosi dell’olio come condimento. La crema di Matteo è già in carta, i cannelloni e il coniglio lo saranno dopo San Sebastian.

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