Gian Marco Chiocci
Politicamente parlando, non cè due senza tre. Dopo Nassirya e lAfghanistan, con lItalia ancora indecisa sul da farsi in Irak, cera da attendersi un altro segnale di morte. E il segnale è arrivato puntuale. «In effetti il verificarsi di un attentato contro il nostro contingente era nel novero dei rischi probabili più che possibili» conferma unanalista della nostra intelligence. Al di là delle ultime sette-otto informative specifiche sullintensificarsi della proliferazione delle micidiali bombe «Ied» nella zona di Nassirya e dei transiti di almeno una ventina di potenziali cellule sunnite e sciite istruite per azioni kamikaze (oltre a due note su carichi darmi forniti dagli 007 iraniani allEsercito del Mahdi e sui progetti dinamitardi dei saddamiti della brigata M21 passati sotto lala sunnita) la sensazione di un nuovo attentato nei confronti del nostro contingente ha tenuto banco per giorni nelle corrispondenze top secret a Forte Braschi. Alla luce anche delleffervescente situazione politica italiana e delle scontate ricadute sul tema del ritiro dellIrak che, comè dimostrato, attentamente vengono seguite on line o sui canali satellitari dai «signori della guerriglia» che dellItalia sanno tanto se non tutto, se non altro per averci vissuto o per aver propagandato in convegni a tema la lotta all«invasore» americano. Se nellimmediatezza dellultima incursione-bomba in Afghanistan lescalation di attentati contro lItalia in Medio Oriente era stata letta dagli analisti del Sismi come «un pressing sul nuovo governo» affinché provvedesse «al ritiro immediato dei contingenti militari in Irak», anche oggi il pensiero va allennesima coincidenza per quanto sta accadendo qui da noi con la sinistra radicale giustappunto «in pressing» sullEsecutivo per il diefront immediato, senza se e senza ma. Il pensiero ci va diretto perché condiviso dagli addetti ai lavori, anche se la versione ufficiale fornita da fonti di intelligence alle agenzie di stampa dà il segno del cambio di rotta - anche mediatico - nei Servizi. «Non è detto che ci sia un disegno politico volto a condizionare il calendario delle truppe italiane dallIrak dietro lattentato di oggi a Nassirya, la dinamica dellaccaduto non è ancora chiarita del tutto, dunque sembra eccessivo per il momento attribuire un disegno strategico». Il particolare che i nostri soldati scortassero un convoglio della «logistica» dellesercito britannico in una zona avara di attentati, e non fossero incolonnati per conto loro, potrebbe far pensare a un attacco alla Coalizione, non necessariamente allItalia. «Come però insegna la storia di questa guerra - aggiunge lanalista - non vanno persi di vista i segnali, i messaggi, le coincidenze che in Irak hanno significati specifici e che ogni volta fanno riflettere più di tante analisi o considerazioni strategiche». È dimostrato come Al Qaida, negli ultimi tempi, abbia colpito il bersaglio giusto indicato in messaggi criptati nei video di Bin Laden, Al Zawairi o Al Zarqawi. È dimostrato altresì come puntualmente, nelloffensiva contro carabinieri, alpini o fanti della Sassari, riaffiorino indizi di una «regia italiana» (già comparsa nella voce fuori campo del video di Quattrocchi come nelle investigazioni della polizia irachena sui collegamenti diretti fra guerriglieri locali e antimperialisti nostrani) tesa a condizionare la politica tricolore.
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