Si legge di ripresa economica, di carovane di gente diretta al mare, di consumi in crescita, queste cose. Valentino Parlato del Manifesto (dico del Manifesto) scriveva il 24 maggio scorso: «Debbo confessare: Berlusconi non aveva tutti i torti quando diceva che lItalia non sta tanto male». Ilvo Diamanti di Repubblica scriveva invece il 4 giugno: «È probabile che la retorica del declino racconti un paese in parte immaginario». E potremmo continuare a lungo, ma non faremmo che rinfocolare la polemica quinquennale sul paese ricco o povero, la liturgia delle colpe. Ciò che dovremmo imparare tutti, prima che le accuse bipolari riprendano il sopravvento, sono due cose. La prima è che l'andamento dell'economia sarà sempre più legato a fattori in prevalenza extranazionali e sovente extraeuropei: cambi, petrolio, tassi di interesse, cosiddette congiunture di cui i governi possono approfittare o meno. La seconda cosa, come insegnano ormai le società economiche dell'intero globo terracqueo, è che il ceto medio, il famoso ceto medio inteso come categoria, non esiste più.
Esistono, si ostinano a resistere, solo i ricchi e i poveri e un divario più o meno accettabile tra i due estremi. Artigiano non vuol dire più nulla, bancario non vuol dire più nulla, imprenditore neppure, avvocato tantomeno. Esiste chi sta meglio e chi sta peggio del giorno prima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.