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«C’è troppa tv e poca cultura Dobbiamo ripartire dagli stadi»

Leo Grosso, vice presidente dell’Associazione calciatori, auspica un cambio di cultura sportiva: «Non è solo un problema della coppa Italia, c’è meno gente perché la concorrenza propone una super offerta, molta televisione contro stadi poco ospitali».
Lei ha una formula per rilanciarla?
«Forse occorrerà un passaggio di generazione, perché da noi non c’è cultura sportiva, oggettivamente i dati ci dicono che non c’è affluenza di pubblico ma questo è in controtendenza con il resto dell’Europa. In Inghilterra c’è un campionato, la coppa della Federazione e quella della Lega, gli stadi però sono sempre pieni. Loro hanno deciso di vendere solo un terzo delle partite in tv e quindi la gente ha più fame di calcio».
C’è un colpevole?
«Forse stiamo sbagliando tutti. Gli stadi sono certamente un deterrente nel quale la tv si inserisce perfettamente, la storia ora sta andando in un certo modo ma non è detto che questa sia una strada senza ritorno».
Pensa che qualcuno si muoverà?
«Dalla sua nascita la coppa Italia non ha mai attirato molto pubblico. La finale unica con la coppa consegnata dal presidente della repubblica mi sembra una buona iniziativa. Si è pensato anche di assegnare un posto in Champions, ma è sempre una questione di cultura. In paesi dove le condizioni climatiche sono nettamente più dure delle nostre, la gente esce di casa e va allo stadio anche di sera»
I calciatori cosa ne pensano?
«Lamentele non ne sono mai arrivate. Con rose di trenta giocatori c’è chi ha un’opportunità solo in coppa Italia, ma capisco i titolari, per loro è un fastidio».
C’è in progetto qualcosa per cambiare questa triste storia della nostra coppetta?
«Probabilmente ne parleremo nel prossimo consiglio ma che io sappia non c’è nulla all’ordine del giorno.

La flessione è generale, all’estero vanno allo stadio per il piacere di guardare una partita, noi con l’ansia del risultato e ci facciamo un fegato così».

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