«C’è un’unica soluzione: gli istituti statali»

«Altre strade sono plausibili ma non si possono percorrere in tre giorni»

Andrea Fontana

«Se Dio vuole le elementari inizieranno lunedì in via Ariberto». Lo annuncia col sorriso sulle labbra Aly Sharif, responsabile della scuola egiziana Fajr, uscendo dallo stabile di via Quaranta poco dopo le 8 del mattino: a quell’ora sono già arrivati all’istituto un paio di genitori con i figli per mano, zainetto colorato in spalla e occhi rassegnati di chi inizia la scuola.
Ma contrariamente a quanto scritto nella lettera dei genitori che lunedì avevano annunciato «Via Quaranta riapre», la Fajr è rimasta chiusa a chiave: bloccata sul nascere l’azione risoluta che rischiava di vanificare una trattativa che nella serata di martedì ha aperto invece spiragli nuovi per i bambini delle elementari. «Ringraziamo le autorità - continua Sharif -: quando le famiglie hanno saputo delle nuove proposte hanno accettato e ora i genitori sono soddisfatti. Oggi è il giorno della pace». E già si frega le mani parlando della nuova sede definita «abbastanza bella, ma in cui servirà aggiustare qualcosa»; per la soddisfazione apre l’istituto Fajr a fotografi e telecamere e svela le piccole aule con l’alfabeto arabo appeso alle pareti fino ad ora rimaste rigorosamente «top secret». Aule che ora rimarranno vuote: la fine dell’istituto egiziano di via Quaranta. «La nostra amministrazione ha scoperto e affrontato con coerenza, equilibrio e il necessario rigore la situazione relativa alla scuola islamica - ha commentato il sindaco Gabriele Albertini -. Abbiamo chiuso la scuola, ma contemporaneamente stiamo offrendo tutte le opportunità perché i cinquecento bambini che la frequentavano abbiano un percorso formativo adeguato, preservando le loro tradizioni e la loro fede religiosa. Esattamente come abbiamo già fatto con la scuola ebraica Merkos, recentemente inaugurata, dove, a detta degli stessi rabbini, si può imparare l’italiano coerentemente con le proprie tradizioni».
Meno «politica» la reazione dell’assessore all’Educazione e infanzia, Bruno Simini: «Stiamo parlando di una soluzione ai confini della legalità giuridica perché le scuole private autorizzate sono state superate nella legislazione dalla scuola paritaria». La strada maestra per il titolare della scuola a Palazzo Marino rimane l’integrazione dei 150 bambini delle elementari nelle scuole pubbliche: «È l’unica seria soluzione praticabile da subito - continua Simini -, le altre ipotesi sono plausibili ma richiedono tempo, non possono essere scorciatoie da percorrere in tre giorni».

Sulla stessa linea Tiziana Maiolo, assessore ai Servizi sociali, che si dichiara «contraria all’ipotesi proposta perché per uscire dall’illegalità i bambini devono andare alla scuola pubblica italiana, magari con il supporto del doposcuola pomeridiano». Un’iniziativa già intrapresa dall’assessorato della Maiolo negli anni scorsi con un’ottantina di bambini extracomunitari.

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