Cacciari: «Ora dimettiti» La Iervolino: «No, resto Ma non trovo assessori»

Dario Franceschini, vice di Walter Veltroni, ore 11 antimeridiane: «Rosa Russo Iervolino è una persona trasparente e corretta, non coinvolta in vicende giudiziarie, perciò fa bene ad azzerare la giunta e ad andare avanti». Il sindaco alle 15.33: «No, non ci sarà un azzeramento totale» della giunta. Più che una commedia degli equivoci quello tra la prima cittadina di Napoli e i vertici romani del Partito democratico è un garbato braccio di ferro. In pubblico reciproci attestati di stima, solidarietà e sostegno. Sotto la superficie, inviti impliciti a rassegnare le dimissioni o, in subordine, a sostituire totalmente gli assessori e dare così l’impressione di un governo cittadino nuovo di zecca. E scrollarsi di dosso la polvere delle inchieste.
Il primo invito è stato respinto mercoledì, il secondo ieri, da una Iervolino sempre in versione battagliera, ma un po’ più sfiduciata rispetto a quando, mercoledì, aveva affrontato a muso duro il leader del partito Veltroni. Pesano le difficoltà a ricreare una nuova giunta. Pare che di esponenti prestigiosi di area Pd disposti a sostenere il nuovo esecutivo partenopeo non se ne trovino tanti. «I tempi della nuova giunta dipendono dai nomi. Più i nomi dicono che è un incarico pesante, faticoso e mal retribuito, più i tempi si allungano». Il primo a dire no, ieri, è stato Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro. «D’altronde è parlamentare, lo posso capire», lo giustifica Iervolino. E gli altri? «Quando telefoni - racconta ancora il sindaco a caccia di collaboratori - qualcuno ti dice che sta con la moglie ad Innsbruck, qualcun altro ti dice che sta da qualche altra parte. Penso se ne parli dopo Natale»... Colpa delle festività. E forse pesa il fatto che ai potenziali neo assessori non piaccia molto la prospettiva di entrare in una giunta dove già quattro membri sono finiti nel mirino della magistratura; con un sostegno traballante da parte del Pd nazionale e una maggioranza in consiglio comunale incerta. Mercoledì se ne era andata Italia dei valori. Ieri Rifondazione ha puntato i piedi, con il segretario Paolo Ferrero che chiede qualcosa in più rispetto al rimpastino: «Mi dispiace, ma a differenza del sindaco di Napoli, penso che così non si può proprio andare avanti». «Il sindaco non è solo», assicura Iervolino. E spiega che ha ricevuto la solidarietà di Oscar Luigi Scalfaro e di Carlo Azeglio Ciampi. Ma di assessori, nemmeno l’ombra. Pazienza, «la città è ricca di intelligenze», si consola.
Ma poi c’è anche la partita con il Pd. Un partito che rispetta l’autonomia degli amministratori locali, ha ripetuto ieri Iervolino. Ma di malumori che covano ce ne sono di rilevanti. Come quello del sindaco di Venezia Massimo Cacciari che ieri se l’è presa con il governatore della Campania Antonio Bassolino e con Iervolino. «È una pura utopia che possano gestire il cambiamento; basta con i giri di parole, si devono dimettere. Queste persone avrebbero dovuto capire da tempo che il ciclo era già chiuso». Sempre dal Nord, arriva la mezza bocciatura del sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Iervolino? «Non è stata sfiorata da alcuna indagine», ma deve chiedersi «se è in grado di dare un segnale forte di cambiamento». Più prudente il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, secondo il quale a Napoli si stanno invece, verificando le condizioni di governabilità. Quindi «bisogna aspettare».
Iervolino per il momento non si ferma. Assicura che la sua giunta non è un Titanic. Anche se qualcuno vorrebbe trasformarla in una scialuppa di salvataggio.

Questa la ricetta dell’esponente napoletano del Pd Umberto Ranieri: «Una giunta ristretta con un numero limitato di assessori, accomunati da un’indubbia e comprovata onestà e da competenza, che possano durare ancora un anno».

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