Se il problema era capire «Che tempo che fa», adesso l'abbiamo capito: nebbia fitta in val faziana. La foschia, in effetti, dev'essere penetrata a banchi negli studi di Raitre e forse anche nella testa di qualche autore, altrimenti non avremmo visto, non avremmo potuto vedere, un comico che in diretta imita e irride il malore di Silvio Berlusconi. È successo domenica sera alle 20.41, nel salotto sedicente chic di Fabio Fazio. Ospite Paolo Rossi, un attore che una volta girava l'Italia con un circo. E ora, invece, si limita a fare il pagliaccio. Come pagliaccio, per la verità, non è che abbia mai fatto ridere. Ora, però, fa proprio piangere. Non so se avete visto la performance in questione, ma vi auguro di no. È andata così: Paolo Rossi, entra in scena, finge lo svenimento, mormora: «Non è un malore, è un'emozione», poi cita Montecatini, Dell'Utri, smozzica qualche battuta impastata e poi finge di cadere. Scena pessima: l'attore, noto per le sue campagne a favore dello spinello libero, evidentemente aveva la verve un po' offuscata. Nel fingere di cadere, in effetti, è caduto davvero. È caduto in uno dei punti più bassi cui un comico, anche un comico ormai esaurito, possa arrivare: ricoprire di sberleffi un uomo che sta male.
Il prossimo passo quale sarà? L'imitazione dell'agonia di Giovanni Paolo II? O la caricatura di Welby che chiede l'eutanasia? Troveremo un guitto pronto a prendere in giro Berlinguer che cade dal palco e muore? O Beniamino Andreatta da sette anni in coma vegetativo? Ci sarà qualcuno che, in nome della comicità, metterà alla berlina senza esitare la tragedia dell'uomo e la sua più intima sofferenza? E che comicità è quella che se la prende non con chi è nel pieno delle forze, ma con chi sta in un letto d'ospedale?
Fabio Fazio, che ci tiene all'immagine del bravo figliolo che ha fatto il catechismo, evidentemente si è sentito un po' in colpa perché congedando il comico si è quasi scusato: «Abbiamo scherzato perché Berlusconi sta bene». È vero: Berlusconi sta bene. Ma il malore è stata una cosa seria. Una cosa che ha commosso e per una volta unito tutti. A parte qualche immagine tv ripetuta in modo troppo ossessivo, il Paese ha dato prova di civiltà: Prodi si è detto colpito umanamente e ha scritto un messaggio sincero, il mondo della politica, sempre pronto a cavalcare il peggio, s'è fermato con grande rispetto. Paolo Rossi no. Lui è andato avanti. Tempo fa cantava: era meglio morire da piccoli che vedere queste cose da grandi. È vero: però c'è anche chi rischia di diventare grande rimanendo piccolo piccolo. E, sia chiaro, non è un problema di statura.
Siamo appena usciti da lunghe discussioni sulla satira: è giusto imitare il Papa o il suo segretario padre Georg, Maurizio Crozza, Fiorello, etc. Ma qui siamo andati al di là di tutto ciò. Qui non è più questione di satira: qui c'è un uomo di settant'anni che sta male e ce n'è un altro che ride di lui, c'è l'umanità contro la disumanità, l'intima sofferenza contro lo sberleffo pubblico, la persona che scopre il suo lato debole e l'altro che lo colpisce senza pietà. Forse perché vede solo il lato debole e, nonostante tutto, non riesce a vedere la persona.
E allora, se non si vede la persona, non è un problema di satira. È un problema di convivenza umana, forse semplicemente di civiltà. Dopo aver imitato il malore di Berlusconi, Paolo Rossi si è prodotto in un monologo più ricco di parolacce che di umorismo, dove immaginava un mondo alla rovescia con un padre che dice alla figlia «prima trombi poi fai i compiti», con i giapponesi che cagano in testa ai piccioni, con l'Onu che mette pace fra Sgarbi e la Mussolini e, a Montecitorio, le toilette riservate alle teste di c. Non fa ridere, ma pazienza: se il comico ha perso i numeri uscendo dal circo, sono problemi suoi. Al massimo di Fazio, che lo chiama in Tv.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.