«Guai alla macchina che confessa la fatica del proprio lavoro; anche nelle macchine come negli uomini noi apprezziamo lermeticità dellorganismo, labilità del lavoro, leleganza dello sforzo». Anno 1933, firmato Giò Ponti. E quale macchina appartiene al nostro quotidiano più di quella da bar per il caffè espresso? Sicuramente pochi sanno e forse solo qualcuno immagina che nei decenni, a disegnare questo strumento indispensabile per le nostre giornate siano stati grandi architetti, illustri progettisti, immortali designer come appunto Giò Ponti, Enzo Mari, Marco Zanuso, i fratelli Castiglioni o Bruno Munari. Artisti capaci di creare marchingegni perfetti nella loro funzionalità e allo stesso tempo affascinanti nelle linee che hanno seguito i gusti e il sentimento artistico di epoche tanto diverse.
Unoccasione per un viaggio in un mondo tanto affascinante la offre il come sempre estroso Orlando Chiari che, approfittando delle giornate di chiusura dello Zucca, lo storico bar della Galleria Vittorio Emanuele caro a Verdi e Toscanini di ritorno dalla Scala, a Dudovich e a Carrà che vi facevano le ore piccole e da Boccioni che lo ritrasse nella «Rissa in Galleria», espone in vetrina degli autentici gioielli. Esemplari fra i più belli, recuperati e resi veri e propri pezzi da museo dalla passione del giovane collezionista Enrico Maltoni che al caffè espresso, il rito quotidiano più amato dagli italiani, ha dedicato una mostra itinerante, un sito internet (www.espressomadeinitaly.it), un libro («Espresso made in Italy 1901-1962: sessantanni di storia delle macchine espresso in Italia») e, unico in Italia, il Museo della macchina da caffè. Oltre cento esemplari per un viaggio nella storia della preziosa bevanda che danno vita a una mostra itinerante di introvabili esemplari dal 1901 ai nostri giorni. Sedici anni di passione, restauri, ricerche storiche, filologiche e documentaristiche che hanno permesso a Maltoni di raccogliere e catalogare oltre 3500 documenti. Foto, brevetti, lettere, cataloghi, poster depoca ospitati a Ospedaletto di Bertinoro (Forlì) in via Cellaimo al civico 2511.
Ma quattro di questi gioielli sono ora ben esposti allo Zucca in Galleria: sono una Pavoni 1905, una Snider 1920, una Rancilio 1930 e una Cimbali 1956. Gran dame argentate che raccontano una storia nata con lingegnere milanese Luigi Bezzera che nel 1901 brevettò un sofisticato modello cilindrico detto «a colonna» per preparare lespresso con acqua e vapore. Sarà poi la volta della storica casa costruttrice Rancilio, fondata nel 1927 da Roberto Rancilio, a realizzare negli anni 30 il modello «a colonna» Ottagonale in perfetto stile Art Déco, oggi molto ambita dai collezionisti. Nel secondo dopoguerra Gaggia con la Classica 1948 sostituisce il modello «a colonna» con il funzionamento «a pistone» e la bevanda che prima sapeva damaro e di bruciato diventa la moderna «crema caffè». Evoluzione stilistica e qualitativa della preparazione che dura da più di un secolo.
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