Trenta stadi aperti, già un bel passo avanti rispetto a quei magnifici sei che rimasero all’Italia del pallone subito dopo la tragedia di Catania. Ieri l’Osservatorio del Viminale ha cancellato altri 12 stadi dal librone degli improponibili: Messina, Modena e Reggio Calabria, già ritenuto parzialmente a norma, potranno riaprire a pieno ritmo. Altri soltanto per gli abbonati: Bergamo, Empoli, Firenze, Lecce, Livorno, Perugia, Pescara, Trieste, Udine, Verona. Per tutti la condizione che siano completate alcune misure nel senso disposto dall’Osservatorio. Va aggiunto che la lega calcio, a sua volta, ha deciso di far giocare il turno infrasettimanale di mercoledì 28 in pieno pomeriggio (ore 15), tranne per Inter-Udinese, anziché di sera. Le notturne sono già tornate, ma al primo incidente saranno nuovamente sospese.
A proposito di stadi, sta correndo contro il tempo quello di Ascoli pronto a installare i tornelli necessari per giocare a porte aperte (per abbonati) il match di mercoledì prossimo contro il Parma. Ma, guardate il controsenso: ad Agnone (Isernia) saranno costretti a chiudere il primo stadio senza barriere tra pubblico e calciatori. La nostra legge, infatti, chiede l’esistenza di una rete di separazione tra terreno e spalti alta almeno due metri. A Firenze i lavori iniziati dieci giorni fa proseguono a buon ritmo, impegnando 50 operai per 12 ore al giorno. «Del resto l’Osservatorio non intende far sconti a nessuno», ha garantito Felice Ferlizzi, direttore dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive. Anzi l’Osservatorio ha proposto di inserire nel codice di giustizia sportiva una sanzione che preveda la squalifica di singoli settori dello stadio dove si siano verificate intemperanze. «Per evitare che le società siano sottoposte, per effetto della responsabilità oggettiva, ad azioni ritorsive da parte dei tifosi violenti». Può essere un’idea.
Insomma l’allarme calcio è già finito. Pur tra mugugni e incomprensioni, il pallone si è rimboccato le maniche per assecondare le norme. L’allarme è già finito. Abitudine non sempre recepita dal mondo del pallone.
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