Aristoteles domani tornerà in Italia: "Dopo 40 anni mi chiedono ancora l’autografo"

Il bomber malinconico del film L’allenatore nel pallone e i segreti della sua vita svelati al Giornale

Aristoteles domani tornerà in Italia: "Dopo 40 anni mi chiedono ancora l’autografo"
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Grandi manovre nel calciomercato... E domani Aristoteles, iconico attaccante della Longobarda di mister Oronzo Canà (quello del rivoluzionario «modulo 5-5-5»), tornerà a in Italia. A «ingaggiarlo» per un giorno (a scopo benefico) è stato Tommaso Nardin, figlio di Aldo Nardin, ottimo portiere degli anni ’70-’80, cui è dedicato il memorial che si concluderà dopodomani al centro sportivo Le Caselle ad Arezzo, città d’adozione dell’estremo difensore morto nel 2020 e che in carriera aveva indossato le maglie di squadre importanti (Varese, Napoli, Ternana, Lecce, Lazio e Foggia). Ospite d’onore della premiazione, Aristoteles: all’anagrafe Urs Althaus, che interpretò il ruolo del bomber malinconico «vittima della saudade» nel cult-movie del 1984 «L’Allenatore nel pallone»: una parte da comprimario a fianco di Lino Banfi che in Italia gli ha regalato «gloria eterna».

Attore, ex modello e tanto altro nella vita intensa di Urs Althaus: 68 anni trascorsi tra gioie e amarezze (la droga, la malattia: entrambi sconfitti con coraggio) raccontate sinceramente in un’autobiografia dal titolo provocatorio: «Io, Aristoteles, il negro svizzero» (Ed. Bibliotheka). Una scelta coraggiosa - quella di usare la parola «negro» - che quando il librò uscì Althaus spiegò senza remore al «Giornale»: «Il termine “negro“? Nessuna accezione negativa, ma volevamo mandare un segnale forte contro il politicamente corretto». Un messaggio significativo lanciato da lui, che il razzismo lo ha patito sulla propria pelle: «Una ferita sempre aperta». Dove, come, quando? «In tutti gli ambienti professionali che ho frequentato: calcio, cinema, spettacolo, moda»; esempi amari, che hanno lasciato cicatrici: «Una volta ero sottobraccio all’attrice Susan Sarandon. Ma al momento della foto, mi dissero che era meglio se mi fossi allontanato... E negli hotel di lusso che frequentavo per lavoro i camerieri rimanevano perplessi quando “uno come me“ ordinava champagne...».

Nel film «L'allenatore nel pallone», Aristoteles trova conforto in «mister Canà»: «Lino (Banfi, ndr) teneva moltissimo alla scena dove gli confidavo di essere emarginato per il colore della pelle. Prima del ciak si disse: “Questa scena ha un valore educativo fondamentale. Va interpretata con sentimento“». Il personaggio di Aristoteles ha finito col condizionare l’esistenza del signor Urs Althaus: «Me l'ha rivoluzionata. Ancora oggi gli autografi li firmo Aristoteles. Sono cittadino svizzero, ma l'Italia è nel mio cuore. Una volta venni fermato dalla polizia: temevo una multa, invece gli agenti volevano farsi un selfie». La scena più divertente dell’«Allenatore nel pallone»? «È una storia comica dall'inizio alla fine. Ma quando mister Canà, ballando con la sorella di Eder, scopre che si tratta di un uomo, se ne esce con un'espressione di una comicità irresistibile. Ogni volta che ci ripenso, rido».

Aristoteles nel film segna un gol, battendo una punizione da campione... «Tutto merito di Carlo Ancelotti. Anche lui come tanti altri campioni faceva parte delle comparse calcistiche del film.

Quando arrivò la scena della punizione, Carletto si avvicinò e mi disse come dovevo posizionare il corpo al momento di calciare il pallone. Risultato? Palla all'incrocio e Longobarda in vantaggio...». E a proposito di Ancelotti: sarà lui il prossimo allenatore della nazionale verdeoro. I brasiliani sono pazzi di gioia. Compreso Aristoteles.

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