Mondo nel pallone

Cruijff, l'Argentina e il Mondiale del 1978

Argentina contro Paesi Bassi non rappresenta mai una sfida banale: due squadre, due popoli e due scuole calcistiche opposte a confronto, nel segno del ricordo di una particolare finale giocata più di 40 anni fa

Cruijff, l'Argentina e il Mondiale del 1978

Il 25 giugno 1978 al Monumental si sogna l'impresa. Lo stadio, tempio del River Plate, quel giorno non è biancorosso ma “albiceleste”. L'Argentina scende in campo per una finale del mondiale 48 anni dopo l'ultima volta. La nazionale sudamericana non ha mai alzato una coppa del mondo, stesso destino del resto dei rivali di quella giornata: la squadra dei Paesi Bassi.

Il fischio d'inizio è alle 15.00. In quel momento ci sono più di 70.000 spettatori assiepati sulle gradinate, 22 giocatori schierati in campo, l'arbitro italiano Gonella pronto a dar il via nel cerchio di centrocampo. Manca però il protagonista più atteso. Il simbolo dell'Olanda del “calcio totale”, capace di giocarsi il titolo contro le più forti del mondo, si trova a casa sua. Johan Cruijff a maggio non parte alla volta dell'Argentina, Paese designato già da almeno 14 anni a ospitare quel “Mundial”. Si dice per motivi politici: a Buenos Aires da due anni è al potere una giunta militare golpista guidata da Videla, anch'egli in tribuna in quel momento. Un boicottaggio quindi contro i generali che non fermano le torture contro gli oppositori nelle caserme nemmeno durante le partite.

In realtà il motivo è un altro ed è più radicato su alcuni eventi privati della vita di Cruijff. La sua assenza però fa rumore. Se non da un punto di vista politico, certamente da uno più sportivo. Senza di lui i Paesi Bassi continuano con il loro gioco e danno filo da torcere agli argentini. Ma non riescono a vincere. Ed è per questo forse che, da allora in poi, una sfida tra Argentina e Olanda è qualcosa in più di una semplice partita.

Il destino beffardo per gli eroi del calcio totale

Totaalvoetbal è il termine usato dagli olandesi per indicare quello che dagli anni '60 diventa un loro marchio di fabbrica: il calcio totale. Un calcio cioè caratterizzato dalla flessibilità dei ruoli, con i giocatori chiamati all'occorrenza a saper occupare tutte le varie zone del campo. Grazie a questa flessibilità si può intervenire durante la partita accorciando o allungando lo spazio di gioco. Per la prima volta si sente parlare di “pressing”, da applicare con l'attacco diretto al portatore di palla avversario. E per la prima volta si parla anche di tattica del fuorigioco, attuabile grazie anche a un sistema difensivo a zona e non più a uomo. Concetti forse oggi scontati, ma che prima degli anni '60 non sono ancora linfa del calcio internazionale.

Una rivoluzione del calcio con pochi precedenti che muove i primi passi nel campionato olandese. Per molti il primo vero artefice è però un inglese. Si tratta di Jack Reynolds, un ex giocatore del Watford ritrovatosi poi all'inizio della prima guerra mondiale ad Amsterdam sulla panchina dell'Ajax. È con lui che “i lancieri” ottengono i primi successi e iniziano a costruire quel blasone che oggi ne fa uno dei club più famosi al mondo. Reynolds rimane ad Amsterdam per lungo tempo tanto da tornare sulla panchina dell'Ajax anche dopo la seconda guerra mondiale. È in questo periodo che il suo gioco particolare, così diverso rispetto a quello consueto, attira l'attenzione e trova un interprete nell'attaccante Rinus Michels.

Reynolds nel 1947 decide di lasciare il mondo del calcio, si ritira e si dedica alla gestione di un piccolo negozio di tabacchi aperto nella capitale olandese. Passa il testimone del suo credo calcistico proprio a Michels. Quest'ultimo, a partire dagli anni '60, perfeziona la sua rivoluzione, ne estremizza alcuni concetti base e riesce nell'intento di portarla definitivamente alla ribalta internazionale. Prima con l'Ajax, vincendo quattro campionati e la Coppa dei Campioni del 1971, poi con la nazionale olandese. Michels guida gli orange nel mondiale del 1974, anche se il suo è un lavoro “momentaneo” sulla panchina dei Paesi Bassi. In quel momento è infatti sotto contratto con il Barcellona, club con cui quell'anno vince il titolo spagnolo riportando la Liga in Catalogna dopo 14 anni di attesa.

Il Mondiale del 1974 si gioca in Germania Ovest, i Paesi Bassi non hanno dalla loro una buona tradizione: mancano dalla competizione dal 1938 e in quell'occasione non sono andati oltre il primo turno. Non hanno dalla loro nemmeno una buona reputazione: quello che inizia a essere chiamato come calcio totale, viene ritenuto esplosivo a livello di club, ma nessuno crede che possa funzionare al mondiale. Le previsioni però vengono smentite: nella prima fase a gironi subiscono un solo gol e per giunta su autorete e vincono il raggruppamento formato da Svezia, Bulgaria e Uruguay. Nella seconda fase, formata da un altro girone a quattro squadre, rifilano quattro reti all'Argentina, due alla Germania Est e alla fine a Dortmud, nella sfida decisiva per raggiungere la finale, battono per due reti a zero il Brasile campione del mondo uscente. Gli orange incredibilmente arrivano a giocarsi il titolo. Ma a Monaco di Baviera gli avversari sono i padroni di casa. In palio c'è la prima coppa per come la si conosce oggi, è il primo mondiale infatti dopo la Coppa Rimet. Chi vince quindi entra nella storia. La Germania Ovest non può perdere davanti il proprio pubblico questa occasione: i Paesi Passi si portano avanti su rigore con il giocatore dell'Ajax Johan Neeskens, uno dei pupilli di Michels, ma il destino presenta subito il conto. Breitner prima pareggia e Muller segna il sorpasso tedesco.

La coppa va alla Germania, ma i titoli sono tutti per quelli che vengono definiti come “eroi del calcio totale”. Eroi che si danno appuntamento quattro anni più tardi in Argentina. Nel 1978 però gli olandesi appaiono più in affanno. Il loro calcio è stato studiato e soprattutto compreso, a livello di club Ajax e Feyenord nella seconda metà degli anni '70 non ripetono i successi di inizio decennio. Sulla panchina non c'è Michels, bensì un austriaco: Ernst Happel. Prende l'aereo per l'Argentina portando con sé una gran voglia di riscatto: un mese prima a Wembley perde con il suo Club Bruges la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Vuole quindi il riscatto con gli orange e questo forse dà una forte motivazione agli eroi del calcio totale.

Nella prima fase i Paesi Bassi vincono nettamente contro l'esordiente Iran, pareggiano con un ottimo Perù e perdeno ma senza grandi conseguenze contro la Scozia. Nel secondo girone travolgono l'Austria con cinque reti, bloccano i tedeschi sul due pari, la sfida decisiva è contro l'Italia di Bearzot. Si gioca al Monumental, gli azzurri passano in vantaggio grazie a un autogol di Brandts, ma è proprio lui nel secondo tempo con un gran tiro da fuori area a pareggiare. Al minuto 75 un altro tiro da fuori, questa volta di Haan, supera Dino Zoff. Gli orange sono incredibilmente di nuovo in finale, ma incredibilmente davanti a loro c'è di nuovo una nazionale di casa. Questa volta è l'Argentina e anche l'albiceleste, così come i tedeschi quattro anni prima, non possono fallire l'appuntamento con la storia.

I Paesi Bassi senza il loro simbolo più importante

Ogni rivoluzione ha il suo leader. Se Michels è il padre della rivoluzione del calcio totale, il suo maggior interprete è Johan Cruijff. Lo è in campo, ma lo è anche fuori. Nel 1970 non ci sono ancora i nomi sopra i numeri di maglia, ma lui da quell'anno viene identificato con un preciso numero: il 14. Lo ottiene per caso durante una partita di campionato con il suo Ajax e da allora non se ne separa più. L'anno dopo, all'età di 24 anni, vince il suo primo pallone d'oro. Da qui al 1974 ne vincerà altri due. La notorietà lo porta ad avere diversi soprannomi. In Italia Sandro Ciotti lo chiama “profeta del gol”, Gianni Brera invece “il Pelè bianco”.

Segue il maestro Michels a Barcellona nella stagione precedente al mondiale tedesco. In Catalogna rimane per molti anni, fino al 1978. L'anno del mondiale argentino. La sua nazionale è qualificata e lui ha l'occasione per ribaltare il destino beffardo degli eroi del calcio totale. Ma a Buenos Aires Cruijff non si fa vedere. E qui entra in gioco la politica. Anche se per un mero malinteso mediatico.

La coppa del mondo del 1978 viene assegnata all'Argentina nel congresso Fifa del 1964. Si decide infatti l'alternanza tra America Latina ed Europa: nel 1970 i mondiali vanno al Messico, nel 1974 alla Germania e quindi nel 1978 all'Argentina come riparazione per la non assegnazione del torneo di inizio decennio. In 14 anni succede di tutto, tra colpi di Stato militari e fugaci restaurazioni di regimi vagamente democratici. L'ultimo golpe è del 1976 e manda al potere il generale Videla. La sua è una repressione molto dura, attuata anche gettando nell'oceano gli oppositori. In Europa si è a conoscenza di quanto accade nelle caserme argentine, si diffonde il termine “desaparecidos” per indicare chi viene inghiottito dalla repressione dei generali. L'organizzazione dei mondiali va però avanti e la Fifa decide comunque di confermare la coppa del 1978.

C'è chi parla, come altre volte negli anni successivi, di boicottaggio dei mondiali. Appelli in tal senso non sono diffusi, ma costantemente presenti tra i media. Anche perché è lo stesso capitano dell'Argentina, Jorge Carrascosa, a lasciare la nazionale e a non voler partecipare alla competizione. L'assenza di Cruijff si fa quindi notare. Fa parecchio rumore e contribuisce a far parlare anche dei desaparecidos durante il torneo. Come detto però, il boicottaggio è solo una montatura mediatica, nata forse da un malinteso. A spiegarlo è anni dopo il diretto interessato: intervistato nel 2010 sulla vicenda, Cruijff dichiara di aver saltato quei mondiali per ragioni personali. Alcuni mesi prima della rassegna iridata infatti, nella sua casa di Barcellona, subisce un tentativo di rapina che fa temere il peggio per sé e per la sua famiglia. Da allora gli viene assegnata una scorta, ma la paura e la pressione generata da quell'episodio gli spengono la verve agonistica e viene a mancare ogni motivazione per giocare. Niente mondiale e, poco dopo, niente più Liga Spagnola. Cruijff vola negli Stati Uniti prima di chiudere poi la carriera in patria.

Una finale diversa dalle altre

Gli olandesi da quel momento si pongono una domanda destinata a rimanere senza risposta: con Cruijff in campo la generazione del calcio totale avrebbe avuto il suo meritato trionfo? La finale del 25 giugno 1978 al Monumental è una chimera per i Paesi Bassi. Non solo per la forza della squadra argentina allenata da Menotti, ma anche per la situazione ambientale. In tribuna ci sono i capi militari di un regime che vuole a tutti i costi la coppa, nelle gradinate migliaia di argentini a cui frega poco della politica e sognano di vedere finalmente l'albiceleste trionfare nel torneo più importante.

Mario Kempes, uno dei giocatori argentini più forti della sua generazione, al minuto 38 porta in vantaggio la nazionale di casa. Gli olandesi non si scompongono, rimangono in partita e pareggiano a otto minuti dalla fine con Nanninga. Al primo minuto di recupero l'attaccante Rob Rensenbrink coglie addirittura un palo. Forse la presenza in campo dell'uomo più rappresentativo di quella generazione olandese avrebbe davvero cambiato le sorti. È destino però che tra la nazionale del calcio totale e la consacrazione ci debba essere lo zampino dei giocatori di casa. Ai supplementari è ancora Kempes, sfruttando un'azione molto confusa, a far esplodere il Monumental. C'è pure spazio in quella finale per la firma di Bertoni per il 3-1 definitivo. La coppa viene alzata quindi dal capitano di quell'Argentina, Daniel Passarella.

Argentini e olandesi, un confronto mai chiuso

Due scuole calcistiche a confronto, due popoli diversi accomunati dal ricordo di una finale rimasta, per un verso e per l'altro, nella storia delle due nazionali. Per questo la sfida tra Argentina e Paesi Bassi non è mai banale. Specie in un Mondiale. Le due nazioni torneranno a sfidarsi a Marsiglia il 4 luglio 1998 per i quarti di finale di Francia '98. La generazione dei Bergkamp, dei Kluivert, dei Seedorf e dei Davids vendicherà quella del calcio totale, vincendo per due reti a uno. Ma sarà comunque un'altra storia.

Come un'altra storia sarà il quarto di finale di Qatar 2022, dove le due nazionali si contenderanno l'accesso in semifinale.

Il ricordo di Crujif, di quel pomeriggio al Monumental, di possibili boicottaggi e dei generali in tribuna riecheggerà però anche nel deserto qatariota.

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