Qatar 2022

Iran contro il "grande Satana" Usa: il regime soffia sul fuoco

La vigilia dello scontro decisivo tra l'Iran e gli Stati Uniti al Mondiale in Qatar è arroventata da una serie di polemiche, più o meno strumentali, fomentate dai media vicini al regime teocratico. Tutto fa brodo, l'importante è sfruttare l'amore per la nazionale e distrarre il pubblico dalla feroce repressione in corso. Funzionerà?

Tifosa iraniana protesta contro la repressione del regime
Tifosa iraniana protesta contro la repressione del regime

Fin dal sorteggio dei gironi del Mondiale in Qatar molti avevano cerchiato in rosso l’incrocio tra l’Iran e gli Stati Uniti ma pochi si aspettavano che sarebbe diventata una partita dalle implicazioni che vanno ben oltre al passaggio agli ottavi di finale. Le nazionali guidate da Queiroz e Berhalter si giocano il tutto per tutto, in un girone molto equilibrato che l’Inghilterra non è riuscita ad ammazzare. Se il derby britannico con il Galles è partita molto sentita oltremanica e mai banale, lo scontro tra il Team Melli e gli Yankees non può essere una gara come le altre. La memoria corre al primo incrocio a Francia ‘98, una delle partite più politicizzate di sempre, col regime islamico che soffiò sul fuoco del nazionalismo portando al parossismo la retorica e la propaganda, tornando a prendersela contro il “Grande Satana” di khomeiniana memoria.

La prima vittoria di sempre della nazionale ai Mondiali fu accolta da festeggiamenti oceanici, un movimento di popolo che causò non pochi grattacapi alle autorità, specialmente quando tutti si accorsero che di alcool in Persia ne girava molto di più di quanto volesse dare ad intendere la narrativa ufficiale. La situazione attuale non potrebbe essere più diversa. Le proteste contro il regime teocratico continuano da settimane ad infiammare il paese e nemmeno la censura della televisione di stato riesce ad impedire che i tifosi espatriati esprimano il loro supporto per la rivoluzione. Inevitabile, quindi, che le ragioni della politica interna ed internazionale prendano il sopravvento, con una serie di incidenti ad infiammare ancora di più l’avvicinamento a questa partita che vale molto più di tre punti.

La battuta infelice di Klinsmann

A dare il via alle polemiche un personaggio non nuovo ad uscite sopra le righe, l’ex centravanti dell’Inter Juergen Klinsmann. Nel corso di un programma della Bbc, con la quale collabora come opinionista, l’ex Ct di Germania e Stati Uniti ha messo in guardia gli americani contro alcune tattiche poco sportive dei persiani. La dichiarazione non sembrava nemmeno particolarmente polemica: la vittoria contro il Galles sarebbe dovuta anche al fatto che “i giocatori e la panchina dell’Iran si lavorano l'arbitro, il guardalinee, il quarto uomo. Ti fanno perdere la concentrazione e lo fanno apposta. Fa parte della loro cultura”. Niente di strano, cose del genere succedono sempre a bordo campo, tranne forse che nei paesi anglosassoni, dove il rispetto verso la terna arbitrale assume caratteri quasi sacrali. Apriti cielo. Come se non aspettassero altro, sono partite come un sol uomo sia la federcalcio iraniana che lo stesso Ct Queiroz, il cui nervosismo è sempre più evidente. Se il tecnico portoghese ha definito l’uscita dell’ex bomber nerazzurro “una vergogna per il calcio”, la federcalcio ha chiesto chiarimenti alla Fifa, pretendendo poi che Klinsmann si scusasse e rassegnasse le dimissioni dall’organismo tecnico del governo del calcio mondiale al quale partecipa.

Iran Australia proteste
Proteste in Australia contro la repressione del regime iraniano

I media iraniani, tutti controllati in un modo o nell’altro dal regime, hanno scatenato un putiferio tale da costringere il tedesco ad una precipitosa retromarcia, sempre davanti alle telecamere della BBC. "Io ho descritto il loro modo emotivo di fare le cose, che è ammirevole. L'intera panchina partecipa al gioco e Carlos è un allenatore molto emotivo, è costantemente in piedi a cercare di trasmettere ai suoi giocatori tutta la sua energia". Scuse che non sono proprio scuse ma che, in un altro momento, avrebbero anche potuto funzionare. Nemmeno tutta l’esperienza di un grande comunicatore come lui è riuscita però a chiudere l’incidente. A qualcuno fa comodo che queste polemiche infurino, anche per distrarre dalla repressione sempre più sanguinosa messa in atto da un regime alle corde. Ogni scusa, insomma, è buona per alzare ulteriormente il volume.

La bandiera della discordia

Non capita tutti i giorni che si chieda a gran voce l’espulsione di una squadra da un Mondiale. La Fifa non prende sottogamba queste cose: escludere una nazione dalla festa del calcio è un evento abbastanza raro e quasi sempre motivato da interferenze governative o ragioni universalmente riconosciute, dall’apartheid nel caso del Sudafrica all’aggressione russa contro l’Ucraina. Cosa avrebbe spinto i media governativi iraniani a chiedere a gran voce l’applicazione della sezione 13 del regolamento Fifa? Un tweet estemporaneo pubblicato dall’account ufficiale del Team USA, dove la bandiera iraniana veniva mostrata senza lo stemma al centro. Un dettaglio non da poco, visto che il simbolo è legato a triplo filo al regime teocratico. Safiollah Fagahanpour, un consigliere della Federcalcio iraniana, ha dichiarato che gli Stati Uniti vorrebbero “influenzare la prestazione dell’Iran” ma non è certo la prima volta che vengono usate versioni riviste della bandiera del paese asiatico. Basta dare un’occhiata ai tifosi persiani sugli spalti: sulle loro bandiere e su molte delle loro magliette l’assenza dello stemma è evidente. La memoria corre alle bandiere rumene con lo stemma tagliato viste subito dopo la defenestrazione dell’odiato Ceaucescu e, anche in questo caso, lo stemma è inviso a chi sogna una Persia libera e democratica. Lo stemma, quattro linee curve con una spada in mezzo che assomigliano ad un tulipano, rappresenterebbe la parte cruciale della shahada, la dichiarazione di fede islamica, “non c’è dio all’infuori di Dio”.

Iran Qatar bandiera senza stemma
Tifosa con bandiera iraniana senza lo stemma islamico

Errore di uno stagista distratto? No, una mossa voluta dalla federcalcio statunitense, che ha deciso di sostituire la bandiera ufficiale per mostrare il proprio “sostegno alle donne in Iran che lottano per i diritti umani fondamentali". Una scelta eccezionale, durata solo un giorno, per poi tornare a mostrare la bandiera con l’emblema della discordia. Certo non si immaginavano che i media governativi trasformassero questo gesto insignificante in un incidente internazionale. L’agenzia persiana Tasnim ha rivelato che i consulenti legali dell'Iran presenteranno un reclamo formale al massimo organo calcistico mondiale, chiedendo che gli Stati Uniti vengano sanzionati con una squalifica di 10 partite, il che significherebbe la sua automatica estromissione dal torneo in Qatar. Invece dell’ennesimo, scontato virtue signalling, malattia comune in Occidente di questi tempi, sarebbe stata un’offesa imperdonabile: gli americani avrebbero “rimosso il nome di Dio dalla loro bandiera nazionale".

Una partita che non unirà l'Iran

Quante sono le possibilità che Team Usa debba davvero abbandonare il Qatar prima della sfida contro il Team Melli? Zero, ma in Iran non si sta parlando di altro – il che è esattamente quello che il regime voleva. Resta da capire se il pubblico di casa supporterà o meno la squadra di Queiroz, criticata da entrambi i lati della barricata. Tra chi avrebbe voluto dichiarazioni di supporto alla rivolta ancora più decise e chi accusa certi giocatori di pensare troppo alla politica, Team Melli potrebbe essere la vittima di questa situazione. La vittoria sul Galles ha ridato coraggio ma gli Stati Uniti sono apparsi in ottima forma con l’Inghilterra. Vada come vada sul campo, il risultato sarà comunque strumentalizzato da una parte o dall’altra. D’altro canto, quando un paese è sull’orlo di una guerra civile, difficile pensare che il calcio possa rimanere un’oasi felice, lontana da tutto. Ancora più improbabile che un’eventuale vittoria possa unire un paese profondamente diviso. Il “miracolo” di Francia ‘98 rimarrà solo un bel ricordo.

Il mondo e l’Iran sono cambiati molto – purtroppo non in meglio.

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