Calcio

Milan, è crisi vera. Perché non riesce più a vincere

Dopo il pesante tonfo nel derby di Supercoppa, si addensano nubi sul futuro della compagine di Stefano Pioli, di fronte ad una serie di problemi difficili da risolvere in tempi brevi. Ecco le chiavi della crisi del Diavolo e le possibili soluzioni

Milan, è crisi vera. Perché non riesce più a vincere
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La parola che da tempo aleggiava su Casa Milan è ormai sulle prime pagine di tutti i giornali: il Diavolo è in crisi. Se non fosse bastata la prova quasi imbarazzante messa dall’undici di Pioli nel derby di Supercoppa, anche i numeri condannano senza sé e senza ma il Milan. Con il tonfo in terra araba i rossoneri hanno eguagliato la striscia più lunga senza vittorie della gestione del tecnico emiliano: quattro partite, due vittorie e due pareggi, come nel febbraio 2021 tra Serie A ed Europa League. Che il Milan non fosse più quella macchina perfetta, dal carattere indomabile che era riuscita nel miracolo di aggiudicarsi uno scudetto inaudito si era capito da tempo ma ieri sera i rossoneri sono sembrati troppo brutti per essere veri. Quali sono le ragioni di questa involuzione tecnica e caratteriale di una squadra che sembrava capace di trasfigurarsi e rispondere colpo su colpo a compagini tecnicamente superiori? Proviamo ad individuare le principali.

Maignan

L'insostituibile Maignan

Nelle interviste successive alla disfatta di Riyadh, Pioli è stato costretto ad affrontare per l’ennesima volta una delle chiavi della crisi del Diavolo, la difficoltà di sostituire Mike Maignan, vero protagonista del trionfo della scorsa stagione. Con le critiche che si concentrano sul suo sostituto, il tecnico prova a gettare acqua sul fuoco. “Non è giusto parlare dei singoli, Mike ha un calcio più profondo rispetto a Tatarusanu, ma potevamo uscire meglio dalla loro pressione giocando in maniera più precisa”. Il portiere romeno si è confermato quello che è sempre stato: un guardiameta capace, discreto in porta come nelle uscite ma decisamente meno capace coi piedi del titolare. Nell’ambito del gioco del Milan, questa è una mancanza difficile da coprire, dato che spesso e volentieri sono proprio i millimetrici lanci di Maignan a consentire di superare la pressione avversaria ed aprire le difese più ostiche. Super Mike, inoltre, riusciva a reggere emotivamente l’intera difesa, consentendole di superare anche le fasi più complicate. È una delle leggi non scritte del calcio: quando non ti fidi ciecamente del tuo portiere, la difesa non può che essere più nervosa. I tanti errori della retroguardia rossonera nascono anche da qui.

Tomori e Mount

L'involuzione di Tomori e Kalulu

Per chi ha ancora negli occhi le tante prestazioni impressionanti della scorsa stagione, l’impressione è che un sosia abbia preso il posto dei due centrali rossoneri, francamente irriconoscibili. Sia Fikayo Tomori che Pierre Kalulu non riescono mai a mostrare quella sicurezza incrollabile, quella precisione millimetrica negli interventi e quel carattere che aveva contribuito non poco alla conquista dello scudetto. Il giudizio della pagella della Gazzetta dello Sport è lapidario: “Il gol di Lautaro è da alzare la bandiera bianca: mi arrendo. Una figuraccia. C’è altro: non legge il movimento di Dzeko sul primo gol, pare spesso insicuro, rischia un rigore su Darmian. Involuzione seria”. Kalulu aveva fatto anche peggio nelle scorse partite, aprendo di colpo il problema centrali, dalla soluzione quantomai difficile. Simon Kjaer avrebbe quel che serve per dare sicurezza al reparto ma tutto il carattere del mondo non può fare miracoli contro il nemico più implacabile di tutti, il tempo. Sul talento non si discute e forse il rientro di Maignan riuscirà forse a migliorare la situazione ma per rivedere in campo la Maginot dell’anno scorso servirebbe un miracolo.

Messias

Il binario destro inceppato

All’inizio della stagione una delle carenze da risolvere per Stefano Pioli era l’inconsistenza della fascia destra del Diavolo, decisamente meno efficace e pericolosa di quella sinistra. Se Maldini e Massara non sono stati in grado di consegnare rinforzi adeguati, stava al tecnico provare a cambiare gli equilibri sperando in una crescita ulteriore dei vari protagonisti. Se Calabria, quando è in campo, mette impegno e carattere in abbondanza, altrettanto non si può dire per Messias e Saelemakers, che spesso e volentieri scompaiono dalla partita. Aspettarsi miracoli dal belga e dall’ex Crotone è forse irrealistico ma nelle ultime settimane gran parte dei problemi per il Milan sono arrivati da quella parte. Ieri sera, poi, l’Inter sembrava sempre in grado di sfondare, causando grattacapi a non finire alla retroguardia. Con Adli praticamente invisibile per Pioli, non si capisce bene come si possa risolvere questo rebus e riconsegnare un minimo di equilibrio al centrocampo. Pioli ha anche provato a metterci l’oggetto misterioso De Ketelaere ma con risultati mediocri. A meno di improbabili arrivi di livello nel mercato di riparazione, il binario destro rimarrà ancora uno dei problemi più gravi per il Diavolo.

Leao (Milan)

Theo e Leao, da soli non funziona

Se Sparta piange, Atene non ride. La direttrice mancina, fondamentale per il trionfo dell’anno scorso, rimane uno dei punti di forza dei rossoneri ma non è che lontana parente di quella dello scudetto. Sia Theo Hernandez che Rafa Leao rimangono punti fermi nel Milan e sul loro talento non si può sindacare ma entrambi sembrano aver dimenticato cosa li rendeva così speciali. Si dice che entrambi abbiano la testa ancora al mondiale ma forse il problema è un altro. Vista la crisi generale, sia il francese che il portoghese stanno provando a metterci del proprio, cercando con sempre più insistenza di risolvere le situazioni con iniziative personali. Quando le cose funzionano, il binario destro può portare gli avanti davanti ai portieri avversari ma è più probabile che lo spazio per le cavalcate dei velocisti rossoneri sia quasi inesistente. Theo e Rafa possono essere devastanti solo quando combinano non solo tra di loro ma con il resto della squadra. Per quanto capaci e talentuosi siano, né uno né l’altro possono risolvere le partite da soli. Più si incaponiscono a trovare il colpo da maestro, la giocata da diffondere sui social, più rendono sterile e frustrante la manovra del Milan. Bene che si dannino l’anima per rimettere in sesto le partite ma serve ben altro per tornare a fare il bello e cattivo tempo nelle difese avversarie.

Giroud esulta a petto nudo

Giroud non può bastare

Una delle lacune da risolvere sul mercato per far fare il salto di qualità al Milan era la mancanza di un numero adeguato di attaccanti veri, gente che non solo dà del tu al gol ma che riesce anche a giocare spalle alla porta ed aiutare la squadra a salire. Nonostante gli sforzi di Maldini e Massara, la situazione dell’attacco rossonero è addirittura peggiorata rispetto all’anno scorso. Con il recupero di Zlatan Ibrahimovic sempre un miraggio ed il contributo del nuovo arrivato Divock Origi quasi inesistente, la responsabilità di gonfiare la rete cade tutta sulle capaci spalle di Olivier Giroud. L’attaccante transalpino ha fatto miracoli per tutto il girone d’andata, ridicolizzando chi lo aveva più volte definito un calciatore pronto ad appendere gli scarpini al chiodo ma l’età rimane quella che è. Giroud è campione vero e ci mette sempre l’impegno e la cattiveria del caso ma non può bastare. Pioli sembra non sapere che pesci prendere e guardare sconsolato le poche opzioni a sua disposizione. Un Giroud in forma potrebbe fare la differenza ma se è costretto a giocare ogni singola partita non può che finire la benzina. Rebic potrebbe dargli una mano ma anche lui è costretto ai box. Un vero e proprio rompicapo per Pioli dalla soluzione alquanto complicata. Delusioni come quella del derby d’Arabia rischiano di far avvitare il Diavolo nella crisi.

Milan-Inter

La soluzione? Solo nel gruppo

Come uscire da questo momento particolarmente complicato? Soluzioni chiare non ce ne sono ma Pioli ha confermato come il Milan non possa pretendere di reinventarsi ma tornare alle origini, ritrovare la coesione e giocare da squadra. Le sue parole nel post-partita su Mediaset sono chiarissime: “l’unico modo che conosciamo per ripartire è lavorare per tornare a giocare come sappiamo ed alzare il nostro livello. Dobbiamo ritrovare tutti l’armonia e quella freschezza mentale che ci può far tornare ad esprimere il nostro calcio. Migliorando a livello collettivo andranno a crescere anche le prestazioni individuali”. Belle parole, ma forse il problema è più psicologico che tecnico o atletico. Il Milan che l’anno scorso era bello, solare, fiducioso oggi è nervoso, insicuro, sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Questione di fiducia, certo ma rimediare figure barbine come quella in Supercoppa non può che intristire ulteriormente un gruppo che, nonostante lo scudetto, rimane sempre molto giovane. Vedremo se Pioli riuscirà a ricomporre questa situazione in tempi utili. Le occasioni per rinascere non mancheranno, già a partire con l’incrocio di martedì contro la Lazio di Sarri.

Ci sarà il colpo di reni, la prova d’orgoglio di un gruppo che rimane campione d’Italia o l’ennesima prestazione deludente? Al campo, come al solito, l’unica risposta che conta.

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