
È la sindrome dello struzzo. Quando metti la testa sotto la sabbia: molto più comodo di guardare in faccia la realtà, assumendoti a viso aperto la responsabilità di un errore. Gesto di vigliaccheria, dicono i più severi; un gesto di umiltà, sostiene il partito dei tolleranti. Fatto sta che nel calcio italiano da qualche tempo la “sindrome dello struzzo” è diventata una moda che a volte irrita chi ne è spettatore piuttosto che suscitare comprensione umana. Sbagli un gol? Ti coprila faccia con la maglietta. Ti fai espellere per un fallo inutile? Esci da campo coprendoti il volto con la maglietta. Proprio com’è accaduto ieri sera all’azzurrino Gnonto che si è guadagnato un cartellino rosso al 90esimo lasciando la nazionale under 21 con un uomo in meno proprio nel momento topico del match europeo contro la Germania, che alla fine ha battuto l’Italia 3 a 2. La scena di Gnonto che, dopo il provvedimento disciplinare, ha tenuto il viso occultato dalla maglietta e’ durata un’infinità, battendo ogni record di contrizione somatica; come a dire: vorrei sprofondare e non riapparire più su questa terra. Da sotto il cappuccio di stoffa uscivano le lacrime di Gnonto e tutti li’ a consolarlo.
Eppure in quell’immagine apparentemente di solidarietà c’era qualcosa che stonava con la commozione: il coraggio di guardare negli occhi le avversità della vita. Possibilmente a testa alta e non a capo chino. Poi si può anche perdere. Ma comportandosi da uomini. Non da struzzi.