Per tre volte la Macedonia ci ha detto chi siamo

Il ct ha preferito entrare in punta di piedi, ma è già l'ora delle scelte. Vanno messe da parte le idee e la filosofia in una situazione d'emergenza generazionale amplificata dalla fuga di Mancini, occorre mettersi in protezione

Per tre volte la Macedonia ci ha detto chi siamo
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È la terza volta che la Macedonia ci sbatte in faccia la realtà. Da Ventura a Mancini fino al primo Spalletti. Questi siamo. Donnarumma nel passo falso di Skopje diventa ancora una volta (giustamente) il capro espiatorio, perfetto anche per nascondere verità scomode. Fuori dal campo l`esonero del ct della Germania, ci dice che forse Gravina è stato troppo indulgente con Mancini dopo la sua di Macedonia. Alla razionalità tedesca è bastata una figuraccia in amichevole per decidere. In campo invece la mano di Spalletti si è intravista, quella che è mancata è la capacità di anticipare le difficoltà.

Ci si sarebbe aspettato un intervento deciso del ct con i cambi quando nella ripresa il calo della squadra è stato evidente, soprattutto in mezzo al campo dove la mediana confermata per novanta minuti è sembrata un eccesso di fiducia. Zaniolo piace al successore di Mancini, ma quaranta minuti di Premier non possono bastare per preferirlo alla vivacità di Gnonto. Orsolini chiamato per l`acciaccato Politano fa pensare che per Berardi la strada azzurra sia proprio in salita. Il ct ha preferito entrare in punta di piedi, ma è già l`ora delle scelte. Vanno messe da parte le idee e la filosofia in una situazione d`emergenza generazionale amplificata dalla fuga di Mancini, occorre mettersi in protezione.

Bisogna fare risultati, badare al sodo, portare a casa le partite cosiddette sporche a costo anche di mettere nel cassetto schemi e affini. Per lavorare ci sarà tempo, anche se la Macedonia ci ha detto che abbiamo buttato via un anno e mezzo: adesso non c`è fretta di vedere l`Italia a immagine e somiglianza di Spalletti. Contro l`Ucraina domani è già uno spartiacque tra la tranquillità e l`ansia. Non sarà una passeggiata per una squadra che continua a litigare con il gol: non basta dare la fascia di capitano al centravanti.

Sarà dura anche perché di fronte avremo un avversario particolare che giocherà «per tutto il popolo ucraino», come ripetono i giocatori

della nazionale del ct Rebrov. Motivazione non replicabile, per ovvi motivi e per fortuna, nello spogliatoio azzurro. Dove bisognerà guardarsi in faccia per non avere la conferma di essere già alla frutta dopo la Macedonia.

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