Economia

Call center, a rischio 80mila posti di lavoro

da Milano

«Siamo contenti perchè il responso degli ispettori del lavoro è frutto dell’esposto che il collettivo di Atesia ha presentato lo scorso anno». Lo spiegano i lavoratori del gruppo Atesia dopo la richiesta dell'Ispettorato del Lavoro alla società, maggiore gestore di call center in Italia, di assumere tutti i lavoratori a progetto, ossia 3.200 persone. La mossa fa discutere e secondo il presidente dell’associazione di categoria Assocontact Umberto Costamagna se l’iniziativa fosse estesa in tutta Italia «si minerebbe l'intero settore, mettendo in ginocchio le aziende e obbligandole a fare a meno di 50-60 mila collaboratori e mettendo a rischio altri 20-30 mila addetti assunti a tempo indeterminato». Il presidente dell’associazione delle società di call center è preoccupato e non lo nasconde. «La posizione assunta dall'Ispettorato - ha spiegato Costamagna - è in palese controtendenza con la circolare varata tempo fa da ministro del Lavoro Cesare Damiano. Una circolare che aveva messo in piedi un confronto fra il Ministero, le aziende ed i sindacati. Il nostro è un settore che impiega 250 mila operatori, di cui circa 1/3, cioè 80 mila, in outsourcing. È un comparto con un fatturato stimabile in 600 milioni di euro, che negli ultimi anni è cresciuto, ha creato occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno e fra le donne. Ma vive di commesse, magari di pochi giorni, settimane o mesi. A volte con contratti di 1 anno. Abbiamo bisogno di sana flessibilità». Intanto il ministro del lavoro Damiano ha spiegato che «il ministero agirà sulle indicazioni contenute nella circolare. Dal 15 settembre partiranno le ispezioni di accompagnamento - ha annunciato - per spiegare alle imprese quali sono i nostri intendimenti. Tutto ciò che è lavoro subordinato va classificato in questo modo: quindi tutto quello che è lavoro a progetto e ricade nella normativa del lavoro subordinato dovrà essere trasformato». Il ministero stesso ha assunto i 15 lavoratori del suo call center con contratto a tempo indeterminato.
Intanto il Cub, Confederazione Unitaria di Base del Lazio, contesta l'atteggiamento di Cgil, Cisl e Uil perchè «hanno consentito, con i loro accordi, che in tutti questi anni nascesse l'impero dei call-center».

Ora si attende la manifestazione del 9 settembre dove si riuniranno tutti i lavoratori della categoria.

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