La Camera chiude le ganasce fiscali

Un segretario politico per il Pdl. Da oggi nel partito comanda Angelino Alfano, ancora per poche ore ministro della Giustizia. È questa la prima risposta al deludente risultato elettorale della tornata amministrativa. Che non è un semplice maquillage burocratico-organizzativo. Né una sconfessione del lavoro e degli uomini che hanno condotto il partito fino ad ora. Più semplicemente è un voltare pagina e guardare avanti, così come chiedono gli elettori, stanchi di assistere a liti tra colonnelli che provocano incertezze sulla rotta. Un partito moderno e liberale deve avere nel suo dna l’accettazione della sconfitta, financo dell’alternanza. Non si governa per grazia di Dio, per diritto divino.
Ovvio che elezioni è meglio vincerle, ma nel perderle non c’è nulla di disonorevole o di definitivo. Anche perché il popolo del centrodestra ha dato per ora solo un segnale di insofferenza, nulla di più. Lo prova l’analisi dei flussi elettorali: non c’è stato travaso di voti con l’opposizione, nessun progetto sbandierato come alternativo (dal Terzo Polo alle ambizioni del Pd) è stato premiato.
Rimettere ordine nel partito, anche alla luce della scissione finiana e dei conseguenti nuovi equilibri, era indispensabile per rilanciare l’azione del governo, l’unica cosa che interessa alla gente e che quindi può determinare il risultato delle prossime consultazioni. Che Alfano abbia capacità e autorevolezza per compiere la missione è fuori dubbio. È uomo della prima ora, è giovane ma già di esperienza, si è mosso bene nel labirinto dei rapporti tra istituzioni, pur tenendo il punto della necessità di riformare la giustizia. Soprattutto ha sempre lavorato per unire le varie anime del partito nei momenti più delicati.
La continuità rispetto al progetto originale resta comunque garantita dal presidente Berlusconi, che con questa mossa si mette in una condizione più favorevole per occuparsi del governo con più serenità. Nonostante ormai ogni giorno porti la sua pena. Quella di ieri è la decisione dei giudici della Corte di Cassazione di dare il via libera anche al referendum sul nucleare, cosa che ha sorpreso tutti perché il governo aveva già provveduto a cambiare la legge nel senso chiesto dai referendari, cioè a sospendere la costruzione di centrali nucleari in Italia. Una decisione che sa di politica, essendo quello sul nucleare, il quesito più popolare tra i quattro proposti e quindi quello teoricamente in grado di trainare l’affluenza al voto sopra quel cinquanta per cento indispensabile perché il risultato sia valido. Che senso ha votare sì o no a un problema che non c’è più? Misteri della giustizia, o forse meglio ennesimo piacere al fronte antiberlusconiano che proprio sul successo della tornata referendaria ha scommesso per tenere alta la sfida alla maggioranza.


Da ieri sera però il vento ha cominciato a ricambiare direzione. La nomina di Alfano a segretario unico, compatta e rafforza il Pdl. Vuoi vedere che per l’ennesima volta la sinistra e i suoi gazzettieri hanno celebrato un funerale senza il morto?

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