Politica

La Camera verso l’alt al magistrato

da Roma

Era attesa da tempo, ma la notizia che il gip Clementina Forleo abbia inviato alla Camera la richiesta per l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni del caso Bnl e Rcs che riguardano ben 6 parlamentari, scatena polemiche e dai primi commenti emerge che tranne il partito di Di Pietro, difficilmente gli altri partiti daranno il via a procedere nei confronti dei quattro deputati e due senatori, tre di Forza Italia e tre dei Ds, fra questi D’Alema e Fassino. Forte del suo garantismo storico, Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Fi, contesta «l’invasione di campo del gip Forleo». «Destano notevole preoccupazione le parole del Gip - commenta -, che invece di restare nell’alveo di un semplice provvedimento giudiziario esprime giudizi e valutazioni politico morali». Mentre Ignazio La Russa, di An, difende l’operato della Forleo: «Non vedo perché debbano buttarle la croce addosso». Prudenza da parte del presidente della giunta, Carlo Giovanardi dell’Udc, che dichiara di considerare «molto impegnativa l’affermazione del Gip che definisce «consapevoli complici di un disegno criminoso i parlamentari intercettati» e garantisce che la giunta esaminerà le carte «con la massima attenzione» prima di inviare all’aula una proposta.
Decisi a dare l’autorizzazione a utilizzare le 68 intercettazioni inviate in Parlamento sono invece i parlamentari dell’Italia dei Valori. E Antonio Di Pietro sembra voler anticipare già una sentenza: «La magistratura va messa in condizione di lavorare a 360 gradi. Noi daremo il nostro voto favorevole alle richieste del Gip». Dall’ex magistrato una bacchettata al Guardasigilli Mastella («Mettere sotto inchiesta i giudici di Milano è un’entrata a gamba tesa da parte sua») e un solo commento su Fassino: «Metto la mano sul fuoco sulla sua integrità morale». Dal centrodestra il segretario della Dc, Gianfranco Rotondi, frena la polemica: «La magistratura va rispettata. Fatta questa premessa, ricordo che se si è garantisti, lo si è sempre e non a giorni alterni. Se l’inchiesta rileva fatti nuovi, vedremo. Le intercettazioni fin qui non hanno rivelato un particolare coinvolgimento dei politici dei Ds a queste vicende, che sono persone per bene». Mentre a sinistra c’è chi parla di «teorema» e Marco Rizzo dei Comunisti Italiani parla di «ricatto»: «La vicenda delle intercettazioni non può essere usata come arma impropria di ricatto. Serve una legge e una sua applicazione rigorosa». Confronta l’atteggiamento assunto dai suoi colleghi di maggioranza il dl Roberto Manzione a proposito di una lunga discussione fatta in giunta per le intercettazioni sul caso Scaramella-Guzzanti. E ricorda che la Finocchiaro, Casson e Barbato sostenevano che bisognava comunque dare l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni indirette. E si chiede: «I miei colleghi si comporteranno allo stesso modo o avranno cambiato idea?». Per Manzione inoltre la Forleo ha ragione: «Altrimenti quelle intercettazioni non possono essere utilizzate nel procedimento giudiziario». Punta il dito contro il Gip Roberto Villetti, capogruppo Rnp: «Le sue affermazioni possono essere intese come un vero e proprio atto di condanna». Favorevole a concedere l’autorizzazione Manuela Palermi del Pdci: «Non esistono intoccabili. Spero che i parlamentari coinvolti siano i primi a volere uno svolgimento trasparente delle indagini».
Infine Gianfranco Fini che considera il ruolo di Fassino e D’Alema, «stando a quelle telefonate, qualcosa di più di fare il tifo: è il ruolo di chi è demandato ad agire da un potentato economico per garantire privilegi».

Secondo il leader di An «è evidente un conflitto di interessi perché c’è poca trasparenza e perché c’è una turbativa del mercato».

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