Massimo Malpica
da Roma
Denunciare le collusioni e le infiltrazioni della criminalità che «orienta le scelte» nella cosa pubblica, approvare, tra tutti i partiti, un «codice etico» per tenere fuori dalle amministrazioni locali chiunque, facendo politica, sia finito nei guai con la giustizia. La proposta arriva all’indomani dello scioglimento di cinque consigli comunali della provincia di Napoli, e a lanciarla è un esponente napoletano di Alleanza nazionale, il vicecapogruppo di Alleanza nazionale a Montecitorio Italo Bocchino. «Quando viene sciolto un consiglio comunale amministrato dalla Cdl - esordisce - il centrosinistra parla di “battaglia a favore della legalità”. Ma quando la collusione con la criminalità organizzata emerge nei comuni governati dall’Unione, il centrosinistra preferisce sostenere che la legge non funziona».
In effetti già contro le verifiche che hanno portato ai recenti scioglimenti avevano borbottato in molti.
«Governare un territorio difficile è un compito duro, e la sinistra se ne sta accorgendo. In Campania c’è un sistema di malaffare e il centrosinistra è più coinvolto di noi, essendo alla guida della grande maggioranza degli enti locali».
Una guida prudente?
«No. Noi di An accusiamo l’Unione di non aver fatto pulizia. Qui il malaffare investe soprattutto i settori dell’ambiente e della sanità, e questo sistema di cose è frutto del governo “spericolato” del centrosinistra».
Che ha fatto di spericolato?
«Ha corrotto le coscienze. Ha imposto un sistema nel quale si mette ogni professionista, dal medico all’ingegnere, di fronte a una scelta. O stai con noi, e quindi ricevi incarichi, consulenze, appalti. Oppure non ci stai, e di conseguenza sei fuori dal sistema e resti del tutto al di fuori dalla pubblica amministrazione. Per esempio la Regione Campania è proprietaria di una società che si occupa di telematica, la Talete. Ebbene, alla vicepresidenza è stato nominato un oncologo, che peraltro è consigliere comunale a Napoli per il centrosinistra. Che competenze specifiche nel campo informatico avrà mai questo professore, e che contributo potrà dare un oncologo a un’azienda telematica?».
Questo sistema secondo lei favorisce i rischi di contaminazione della politica?
«Senza dubbio. Quando il professionista che da un lato si lega a questa parte politica dall’altra parte è colluso con la criminalità, i limiti e soprattutto i pericoli di questo sistema di malaffare emergono in tutta la loro evidenza».
Ma un codice etico risolverebbe tutto?
«Non è una bacchetta magica. Ma se tutti i partiti si mettono intorno a un tavolo e sottoscrivono un patto, stabilendo che i soggetti che sono stati condannati per reati commessi nell’esercizio della propria attività politica non possono essere né candidati né scelti per nomine politico-amministrative, sarebbe un segnale importante. Noi di An siamo pronti a farlo».
E gli altri?
«Spero lo siano tutti. Immagino che le altre anime della Cdl siano disponibili, ma penso che Margherita, Udeur e Ds campani avranno qualche remora a sottoscrivere un codice di questo genere. Certo che se non ci stanno qualche cosa vorrà dire. Personalmente, ritengo che sarebbe meglio che la politica si ponesse il problema. È tempo che i partiti diano un esempio di moralità in una regione, come la Campania, simbolo della questione morale. Non farlo vorrebbe dire attendere la spallata giudiziaria. Secondo me non è una buona idea».
Non è che il codice etico taglierebbe fuori troppi politici?
«Non lo so e non mi interessa, il problema è sposare il principio, renderlo un deterrente. Ci sono manager di Asl con precedenti penali, consiglieri regionali nel mirino della giustizia per vicende serie.
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