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Cannavaro d’oro La Francia del calcio s’inchina di nuovo

Oggi a Parigi la consegna del premio. Il capitano azzurro ribatte a chi non è d’accordo: «Sono gli stessi che a Berlino dicevano che ero da Pallone d’oro»

Franco Ordine

Fabio Cannavaro ha la faccia che luccica. Come il Pallone d’oro che questa sera gli viene consegnato a Parigi nel salone di una tv, palcoscenico esclusivo del premio da qualche anno. E niente sembra riuscire a intossicare la sua felicità a forma di pallone ricoperto di oro, l’ultimo riconoscimento di una estate memorabile con la maglia azzurra e i gradi di capitano dell’armata di Lippi. Né gli ultimi risultati del Real Madrid oppure le critiche feroci per la sua esibizione in Champions league, al cospetto di quel gigante di Carew. Cannavaro era minato da un dolore muscolare ma con Capello, si sa, è quasi impossibile defilarsi ed è andato incontro alla figuraccia consapevolmente ma senza raccontare alibi in giro. «L’avevo affrontato altre volte, anche quando giocava in Italia, nella Roma, mai l’avevo trovato così in forma, scatenato» la riflessione, privatissima, passata ai suoi amici italiani coi quali Fabio è solito condividere tutto, notizie e commenti di ogni tipo, anche le censure scritte sui giornali spagnoli o recitate alle radio («te le ritrovi dappertutto») e quelle italiane che gli arrivano via tv o via internet. «Mi difendo a modo mio, leggo poco» spiega e racconta al suo procuratore Enrico Fedele che parla il suo stesso dialetto e ne conosce alla perfezione ogni angolo remoto del temperamento.
Fabio Cannavaro ha la faccia che luccica. E non solo per questo viaggio inatteso a Parigi che pare fatto apposta per incorniciare il suo mondiale da capitano e da numero uno. È il suo anno magico il 2006 che viene premiato: un campionato da dieci e lode con la Juve, poi le polemiche e i veleni, quindi il mondiale e dal primo all’ultimo giorno, un capolavoro dopo l’altro, senza cedere di un solo centimetro ai rivali diretti. Riflette e ripete a sua moglie e nel frattempo incassa con un sorriso le spiegazioni di quel premio, riconoscimento al capitano della Nazionale campione del mondo per distribuirlo a tutta la squadra, a Lippi («l’ho sentito spesso») e ai magazzinieri, al medico e ai fisioterapisti. E fa niente se adesso dai circoli mediatici sensibili alle vicende nerazzurre, si colgono giudizi di sapore amarognolo. «Ma non erano gli stessi che parlavano di Pallone d’oro durante il mondiale?» si domanda incuriosito Cannavaro se la sera al telefono confronta le sue impressioni con quelle di Buffon e di Gattuso, di Pirlo e di Ciro Ferrara che fu l’assistente di Lippi nelle settimane di Duisburg.
Fabio Cannavaro ha la faccia che luccica specie se pensa alla scelta della Spagna e di quel campionato, di un calcio che «come sostiene Arrigo Sacchi viene giudicato sulla base non dei risultati ma della qualità di spettacolo offerta» ammette nelle conversazioni con Paolo, suo fratello, puntello del Napoli di Reja pretendente al trono della serie B nonostante la presenza della Juventus. A Madrid, fronte Real, patiscono della concorrenza del Barcellona, «c’è pressione quasi come in Italia» sostiene ma il clima complessivo è diverso, molto diverso, «bisogna viverlo per gustarne le differenze rispetto all’Italia» manda a dire tutte le volte che deve descrivere la sua carriera spagnola, «dove esiste anche un diverso regime fiscale» concorda con Zambrotta che di quel regime è una dimostrazione vivente, acquistato dal Barcellona con maggiore facilità rispetto al Milan. Da Madrid, Fabio Cannavaro fa ancora a tempo pieno il capitano dell’Italia. Si informa dell’improbabile contenzioso Donadoni-Totti e continua a chiedersi, ingenuo: «Ma a chi giova?». E forse pensa che anche per Francesco sia venuto il momento d’interrompere il circuito vizioso.
Fabio Cannavaro ha la faccia che luccica anche se s’interroga sui tormenti del Milan e riflette ad alta voce sulle conseguenze del mondiale. «Tutti hanno avuto problemi, tutti tranne Materazzi» racconta e qui il pensiero corre all’Inter. Ma oggi non è il caso di squadernare l’album dei cattivi ricordi. Oggi Cannavaro diventa Pallone d’oro. E questo basta e avanza per avere una faccia che luccica.

Persino se a Parigi piove.

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